Dieci motivi per apprezzare Francesco Totti (anche) al cinema

“Mi chiamo Francesco Totti” è il film documentario sulla vita dell’ex Capitano della Roma, Alex Infascelli ha portato sul grande schermo (evento speciale dal 19 al 21 ottobre) il Numero Dieci per antonomasia in un’opera profondamente inedita e coinvolgente.

Francesco Totti, l'uomo, l'icona, il calciatore (Getty Images)
Francesco Totti, l’uomo, l’icona, il calciatore (Getty Images)

Lo Stadio Olimpico vuoto, il buio, una luce improvvisamente squarcia il centro del campo: Francesco Totti, l’ex Capitano della Roma è pronto a riprendersi la scena. “Una vita ho passato qui dentro, io non ci credo che ho finito. Torna un po’ indietro”, comincia dalla fine il film documentario sull’ex numero dieci giallorosso. Quasi un modo metaforico e concettuale per sottolineare che i migliori inizi cominciano dopo i finali più inattesi.

Certamente Totti non se l’aspettava che quel giorno – l’inizio della fine (il 28 maggio 2017) – sarebbe arrivato: ha provato a prendersela con il tempo, con gli eventi, anche con qualche allenatore, ma non c’è stato verso. Gli scarpini li ha dovuti appendere al chiodo, persino lui che con il pallone non soltanto ci giocava ma ci andava anche a dormire.

Francesco Totti, le origini e l’evoluzione di un’icona

Totti, la favola di un campione senza tempo arriva in sala (Getty Images)
Totti, la favola di un campione senza tempo arriva in sala (Getty Images)

Lui dormiva e una generazione sognava le prodezze di un campione che, al risveglio, si è preso Roma, l’Italia e il mondo (calcistico, culturale e artistico): Totti, oggi, è un marchio, un simbolo, un tratto distintivo non soltanto nello Stivale. Ma come si è arrivati a questo, dove finisce Francesco e comincia, invece, Totti?

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La storia, la vita e le diverse vicissitudini che lo hanno visto protagonista hanno provato a convincerci che fossero due consistenze distinte. Invece, finiscono per unirsi quando l’uomo incontra il professionista e viceversa: atto necessario e possibile grazie all’estro, l’azzardo e la passione di Alex Infascelli. Regista che ha confezionato “Mi chiamo Francesco Totti”, opera che descrive, indaga e scruta nella vita dell’ex campione giallorosso come mai prima.

L’effetto è quello di un uomo che riguarda vecchie foto ingiallite per riportare alla mente ricordi mai assopiti: una volta tanto possiamo andare oltre alle prodezze che il Numero Dieci per antonomasia ci ha regalato – in maniera pregevole e spontanea – nell’arco di 25 anni di carriera.

Infatti, parlare soltanto di numeri e gesti atletici – in questo contesto – sarebbe ingeneroso verso un predestinato che ha costruito le basi per rendere immortale il proprio estro anche attraverso uno spiccato lato caratteriale che gli ha consentito – con sensibilità, umiltà e allegria – di uscire anche da momenti difficili: il calcio a Balotelli, lo sputo a Poulsen, il tackle di Vanigli con annesso infortunio.

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La vita di Totti, come ogni epopea che si rispetti, è intrisa di momenti luminosi ma anche di tante ombre entro cui l’uomo prima e il calciatore poi ha saputo districarsi forse realizzando il suo dribbling più incisivo. Se c’è un merito che va attribuito a questo progetto cinematografico (in sala dal 19 al 21 ottobre) è quello di far capire il motivo per cui l’immagine e la concezione – quasi divinatoria – che Roma prima e l’Italia poi conserva di Totti non si sia mai scalfita malgrado qualche ammaccatura.

“Mi chiamo Francesco Totti”, dieci motivi per apprezzare il documentario

Totti, la vita dell'ex calciatore nel film documentario di Alex Infascelli (Getty Images)
Totti, la vita dell’ex calciatore nel film documentario di Alex Infascelli (Getty Images)

Il ragazzo, diventato uomo, di Porta Metronia ha saputo ripartire più volte dalle sue cicatrici e dalle sconfitte (perché ce ne sono state) che lo hanno attraversato. Dieci, principalmente, sono gli aspetti peculiari di un’opera dai molteplici risvolti che ripercorre, con naturalezza, la sfera pubblica e privata di un’icona intramontabile.

1. Il talento purissimo. Possiamo ammirare i tocchi, le giocate, le reti segnate e le tappe bruciate di un ragazzo che aveva – già in tenera età – le idee chiarissime sul proprio futuro. Francesco è nato, cresciuto e maturato in mezzo a un campo di calcio: luogo che considera al pari di una lavagna dove poter lasciare la sua firma. Dalle punizioni ai “cucchiai”, passando per i dribbling e le finezze, fino alla mole di gol segnati che lo hanno portato ad essere secondo nella classifica marcatori all-time di Serie A con 250 reti segnate in 650 presenze totali. Soltanto Piola ha fatto meglio di lui, con 274 reti nell’arco di 537 presenze.

Francesco Totti arriva sul grande schermo con l'opera di Alex Infascelli (Getty Images)
Francesco Totti arriva sul grande schermo con l’opera di Alex Infascelli (Getty Images)

2. L’orgoglio e le emozioni. Francesco Totti ha sempre mostrato orgoglio e appartenenza, prima a una squadra – la Roma – e poi a una Città Eterna e severa che l’ha messo su un piedistallo per poi tentare di buttarlo giù con critiche e giudizi aspri, talvolta, ingenerosi. Nonostante questo, l’ex Capitano ha sempre trovato la forza di sorridere, piangere e sorprendersi dopo un gol segnato o un obiettivo raggiunto. Un uomo trasparente dentro e fuori dal campo.

3. La capacità di aggregazione. Totti è riuscito ad avvicinare al suo mondo anche una fetta considerevole dei cosiddetti “tifosi occasionali” che hanno ritrovato in lui un riferimento nel mare magnum degli sportivi. L’equazione Totti = calcio, oggi, appare imprescindibile anche grazie al carisma che il noto trequartista ha saputo far emergere tramite alcuni gesti iconici. Le esultanze particolarissime sono un esempio lampante: dal ‘6 unica’ dedicato alla moglie dopo il “cucchiaio” nel Derby del 5-1 contro la Lazio, fino al selfie in Curva Sud per celebrare una doppietta – sempre contro i biancocelesti – da cardiopalma, passando alla memorabile maglietta con la scritta “Vi ho purgato ancora” e l’arrivo in mezzo ai tifosi – poche settimane dopo l’infortunio al perone sinistro – per vedere una partita come fosse un supporter qualunque.

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4. Il romanticismo e l’attaccamento a valori desueti. Nello sguardo di Francesco Totti è possibile scorgere le caratteristiche di una persona fortemente introversa (malgrado la popolarità che ha conquistato grazie a record e successi personali e di squadra), capace di emozionarsi per uno sguardo benevolo o l’abbraccio di una madre. Il rapporto con la famiglia e con la sua dolce metà è arricchito, nel corso dell’opera, di particolari inediti e sconosciuti ai più.

5. La vis comica. Totti ha saputo giocare con i suoi difetti, anche quando veniva tacciato di ignoranza a livello lessicale e intellettivo, è stato capace di rispondere con auto-ironia e sagacia. I libri sulle sue barzellette hanno venduto più di 500mila copie (i cui proventi sono stati devoluti interamente in beneficenza). Inoltre, l’ex Capitano giallorosso conserva una capacità – tutta romana – di vivere la quotidianità in modo verace e disincantato: valore aggiunto alla simpatia che l’ha reso unico anche fra i suoi stessi colleghi.

6. La duttilità e l’importanza del riscatto sociale. Quest’opera mostra, fra le altre cose, la generosità di Francesco che – una volta raggiunta una posizione di rilievo – non si è dimenticato l’importanza di tendere una mano a chi ha bisogno. Tanta la beneficenza, ma anche la voglia di dare un futuro a molti giovani di talento. Da qui l’esigenza di aprire scuole calcio mirate dove si provvede anche all’inserimento sociale di persone con disabilità.

7. Genio e sregolatezza nel lavoro e nella vita. Il suo percorso ha visto anche numerose battute d’arresto e scivoloni mediatici: Totti, all’interno del docu-film, non si risparmia da aspre critiche sul comportamento adottato in determinate occasioni. Interessante, poi, tutta la querelle con Luciano Spalletti che ha scandito il controverso e sofferto epilogo della sua carriera.

8. La sacralità di certi riti. Totti possiede tutta una serie di scaramanzie che lo hanno accompagnato nel corso della carriera e lo accompagnano ancora oggi: dall’utilizzo dei calzettoni abbassati con il parastinco che faceva capolino quando era in campo, alla fascetta che portava in testa a protezione della folta chioma quando era più giovane e i capelli lunghi gli tratteggiavano il volto. Dietro ogni scelta, stilistica e di comportamento, c’è una ragione ben precisa legata alla sua natura e al suo concetto di fede (non esclusivamente calcistica).

9. La nostalgia. Il numero dieci intoccabile, non ancora ritirato solo sulla carta, perché a Roma non ha ancora avuto il coraggio e la possibilità di indossarlo nessun altro. Le maglie che ancora oggi, nonostante manchi dal calcio giocato da ben tre anni, girano per Roma e per l’Italia, le centinaia di migliaia di foto che Francesco Totti ha fatto con i tifosi in tutto il Paese e non solo testimoniano che la mancata presenza nell’ambito sportivo, calcistico e quindi quotidiano ha lasciato un vuoto (per alcuni incolmabile) espresso con le lacrime di un popolo – tutt’ora in espansione – nel giorno del suo addio al calcio.

"Mi chiamo Francesco Totti", Alex Infascelli racconta l'ex Capitano giallorosso (Getty Images)
“Mi chiamo Francesco Totti”, Alex Infascelli racconta l’ex Capitano giallorosso (Getty Images)

10. L’influenza sulle generazioni future. Record, traguardi, prodezze, capacità, atteggiamento e ambizione sempre mantenendo la necessità di rimettersi in discussione. Francesco Totti non è stato mai sazio: nel lavoro e nella vita, vuole sempre alzare l’asticella. Pretende molto da sé stesso, aspetto che l’ha portato a compiere anche degli errori palesemente evitabili. Proprio per questa sua altalena di suggestioni e velleità rimane ancora adesso un esempio da imitare. Il punto fermo da cui ripartire non solo nello sport. Totti ha sempre rappresentato, almeno a livello sociale e mediatico, la certezza in un mondo che cambia.

Ecco perché la sua storia merita di essere tramandata e vista, perché persone come lui possono dare un calcio ai luoghi comuni e ai pregiudizi gonfiando la rete e spalancando un sorriso. Anche così è possibile avvicinarsi all’eternità.

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