Joker, Roberto Giacomelli: “Vi racconto Joaquin Phoenix” (ESCLUSIVA)

Il film “Joker” sta riscuotendo ovunque consensi: abbiamo chiesto a Roberto Giacomelli, direttore di Darksidecinema, un suo parere sul film e sulla storia del personaggio.

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Locandina del film Joker

– Mi piacerebbe chiederti questa versione di Joker di Todd Phillips che punti ha in comune, nella trama e nello spirito del personaggio, con quella dei fumetti?

Come lo stesso Todd Phillips ha spiegato in conferenza stampa alla Mostra del Cinema di Venezia, il suo Joker non è direttamente ispirato a quello dei fumetti, anche se è palese il richiamo alla versione immaginata da Alan Moore per la graphic novel “Batman: The Killing Joke”. Il punto in comune più evidente è l’ambizione da parte di Joker di diventare un comico di successo e il suo fallimento in questo ambito. Però nel fumetto di Moore, disegnato da Brian Bolland, questo era solo uno dei tanti episodi che facevano da contorno all’escalation criminale del personaggio, mentre nel film di Phillips è un po’ il cuore pulsante della storia, dal momento che è proprio l’esibizione di Arthur in un locale di cabaret a far si che poi arrivi in tv nella scena clou del film. Dunque tra Arthur Fleck e il Joker dei fumetti ci sono pochi punti in comune, ma lo spirito del personaggio è rimasto intatto e forse la versione interpretata da Joaquin Phoenix è quella che restituisce meglio di qualsiasi altra le sfaccettature psicologiche di un personaggio magnifico che, soprattutto a partire dagli anni ’80, ha avuto delle interpretazioni a fumetti molto complesse. Joker è un simbolo tanto quanto lo è Batman e se il Cavaliere Oscuro rappresenta la paura (lo spauracchio per il mondo criminale) e la difesa della legalità, Joker è l’anarchia, la liberazione dell’individuo attraverso la follia, quindi l’allentamento di qualsiasi inibizione e morale.

– In cosa invece è assolutamente originale?

Principalmente nel nome. Joker non ha un nome proprio nei fumetti, in alcuni casi è stato ripreso quello di Jack Napier creato per il film di Tim Burton, ma Arthur Fleck – come viene chiamato nel film di Phillips – è una novità. Anche i collegamenti di Joker alla famiglia Wayne sono un’invenzione di Todd Phillips e del co-sceneggiatore Scott Silver, così come la sua infatuazione per la dirimpettaia e la risata causata da un disturbo neurologico. Diciamo che in assoluto “Joker” è un film originale ispirato a un personaggio preesistente.

– Secondo te questo Joker rispecchia la sensibilità contemporanea?

Senza ombra di dubbio sì. “Joker”, prima che essere un film sul villain di Batman, è un film sulla malattia mentale e ci porta con una certa efficacia ed empatia nella mente di uno psicopatico, che cova pian piano e poi attua un’irreversibile serie di crimini. Nonostante il personaggio fosse pazzo ancor prima della catena di eventi che lo portano ad essere Joker, noi viviamo con lui una serie di disagi causati dall’insensibilità in cui versa la società odierna (così come di 10-20-30 anni fa): in un certo senso Joker è il risultato della nostra società, anche se Arthur Fleck sarebbe esistito comunque. “Joker” parla proprio dell’incapacità di prevenire il disastro, anzi mostra come viene alimentata la mente di un pazzo fino alle estreme conseguenze.

Ci daresti un tuo giudizio complessivo sul film e soprattutto sulla performance di Phoenix (senza spolier per chi ancora non è andato al cinema, per favore)?

A mio parere “Joker” è un film importante in quanto è lo sdoganamento di un’opera tratta da un personaggio dei fumetti anche per quella critica elitaria che ha sempre snobbato un filone magnifico come il cinecomic. La vittoria a Venezia di “Joker” lo dimostra. In pratica, “Joker” è riuscito lì dove un altro film di grandissima qualità come “Logan” ha tentato senza successo. Probabilmente “Joker” sarà il prossimo punto di partenza per realizzare cinecomics fuori dalla logica Marvel Cinematic Universe. “Joker” è anche un film ben riuscito sotto ogni punto di vista, in primis quello della performance di Phoenix, un attore comunque bravissimo ma che qui mostra un particolare trasporto, uno studio del personaggio molto sentito. Il classico “ruolo della vita”.

– Tra le versioni, anche in forma animata, del personaggio portate in questi anni sullo schermo qual è la tua preferita?

Per questioni anagrafiche io sono molto legato al Joker di Jack Nicholson e alla versione animata del 1992 doppiata (in originale) da Mark Hamill. Ho visto “Batman” di Tim Burton da bambino quando uscì e ne sono rimasto stregato: il suo era un Joker di cui percepivi la malvagità e che rubava la scena a Batman praticamente sempre; inoltre Nicholson riuscì molto bene a legare quel senso del grottesco e dell’eccesso proprio dei fumetti a una visione personale molto dark, sicuramente studiata a tavolino con Burton. La versione a cartoni animati la adoravo, c’era una continuità con il film di Burton e già questo mi piaceva, e ad affiancare Joker era stata inserita Harley Quinn (inventata proprio per questo cartoon!), personaggio di gran carisma che, infatti, ha avuto talmente successo da diventare canon nell’universo di Batman.

Teresa Franco

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