ADDIO SIDNEY LUMET
Sidney Lumet, 86 anni, si è spento a Manhattan lo scorso 9 aprile. Lo riportano i giornali e i siti specializzati. Lumet, autore prolifico, ha diretto alcune tra le più belle pellicole mai fatte nella storia del cinema. Non c’è bisogno di essere dei critici per saperlo. Era un regista che amava le storie e le sfide. Ogni suo film in qualche modo lo era. Al suo esordio, ‘La parola ai giurati’ con Henry Fonda, vince l’Orso d’Oro a Berlino nel 1957. Bianco e nero, dodici uomini in una stanza e sullo sfondo un terribile delirio. Saranno molti i suoi film dove i personaggi affrontano grandi temi sociali. In quegli anni realizza ‘Quel pomeriggio di un giorno da cani’, con Al Pacino e John Cazale.
Forse il suo film più grande è ‘Quinto Potere’ del 1976, che raccoglie 10 nomination e vince 4 Oscar. Sceneggiature di ferro, dialoghi d’azione, ritratti, spaccati di una società in contraddizione con se stessa; senza registi come lui, attori come Pacino o Faye Danaway non avrebbero forse mai eccelso. E un Paul Newman come quello de ‘Il Verdetto’? Lascia senza parole. Lumet conosce i suoi cavalli, conosce il rispetto per il mestiere, uno dei tratti che lo rendono un grande regista. Sidney Lumet era forse della vecchia scuola: dirigeva con poco, non cercava spazi fuori, gli bastava New York. Senza abbandonarsi a manierismi di genere, era curioso e tirava fuori il massimo da quello che aveva. Le sue storie sapevano diventare veri pugni nello stomaco come lo sguardo di Pacino in Serpico. Aveva uno stile che lo ha contraddistinto, e questo lo rende ad oggi un autore ineguagliato. Senza la poesia ricercata di alcuni suoi colleghi, Lumet racconta l’America attraverso la Logica della Follia con storie di esseri lucidi, “sintonizzati” dentro la vita di tutti i giorni. Assieme a Norman Jewison, Martin Ritt, Arthur Penn, è il caso di dire che come loro ve ne furono pochi.
Inatteso, il suo ultimo lavoro, ‘Onora il padre e la madre’ del 2007, riesce a mettere in scena quella perfetta tragedia urbana che gli riconosce oggi un grande saluto.
Davide Tomaselli