Rogue City, vivere e morire a Marsiglia nel nuovo film di Marchal

Disponibile su Netflix Rogue City, polar scritto e diretto da Olivier Marchal, è un imperdibile titolo per gli estimatori del genere.

Rogue City

Nella città di Marsiglia si consuma una inesorabile guerriglia senza quartiere tra diversi clan della criminalità organizzata. Quando alcuni membri della famiglia Bastiani compiono una strage in un bar sulla spiaggia, le indagini sono affidate al capitano dell’antigang Richard Vronski (Lannick Gautry) e al poco affidabile e corrotto maggiore Mario Costa (Moussa Maaskri). Le indagini, però, assumono una piega del tutto inaspettata quando un testimone chiave, tenuto sotto custodia, viene ucciso, un comandante degli affari interni è assegnato al bureau, il clan dei corsi viene minacciato da altri criminali e, infine, l’arrivo del nuovo direttore della polizia, Ange Leonetti (Jean Reno), complica ulteriormente le indagini. Per venire a capo della situazione, a Vronski e ai suoi uomini non resta che far ricorso a metodi poco ortodossi pur di uscirne vivi.

La produzione cinematografica che rientra nei canoni del sotto(genere) del thriller metropolitano, da qualche decade a questa parte, ha sfornato delle vere e proprie opere imperdibili per gli estimatori delle crime story ambientate nei contesti urbani delle grandi metropoli. Di certo, tale flusso, non è solo ed esclusivamente ad appannaggio di tanto cinema d’oltreoceano poiché, anche nel Vecchio Continente, il thriller dalle cadenze action ha trovato terreno fertile riuscendo, così, a farsi sentire ad alta voce. Esempio di quanto affermato è l’ultima fatica di Olivier Marchal, Rogue City (Bronx).

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Già ben rodato con il polar, genere che incrocia il poliziesco e il noir Marchal, regista di 36 Quai des Orfèvres e L’ultima missione, ha scritto e diretto un lavoro crudo e che non fa sconto alcuno. Rogue City, difatti, colpisce come un pugno nello stomaco, trascinando lo spettatore in una guerriglia urbana tra polizia e criminali durante la quale i morti ammazzati, gli agguati e i doppi giochi si accumulano, dando vita a un pericoloso quanto letale gioco del gatto col topo. Non ci sono eroi  nel lungometraggio di Marchal, semmai dei veri e propri antieroi borderline, che si muovono su quel flebile quanto sottile confine che separa il bene dal male.

Rogue City: un action-thriller tra pallottole e sangue

Rogue City

 

È un ritratto imperituro quello offerto dal regista francese, un affresco di uomini (e donne) in perenne conflitto con se stessi, incapaci di prendere una univoca direzione esistenziale. Ne sono l’esempio il capitano Vronski e i suoi uomini, sud(divisi) tra il distintivo e la necessità dell’andare oltre i poteri che, lo Stato stesso, riconosce agli uomini in blu, ai detentori di legge e giustizia che, pur di applicare quest’ultima, fanno ricorso alle metodologie dello stesso mondo criminale che, da una parte, combattono e, dall’altra parte, condividono come nel caso del marcio maggiore Costa il quale, oltre a essere il contraltare (tuttavia non speculare) di Vronski, è l’emblema di un mondo facilmente corruttibile e votato al più bieco nichilismo dettato da un insito istinto di sopravvivenza.

Rogue City espone alla perfezione i topoi del noir, mettendo in scena le diverse sfaccettature dei suoi protagonisti, capaci di risollevare le sorti di un’indagine oppure, in una manciata di secondi, essere artefici della propria condanna a morte. Amalgamando e alternando i ritmi del thriller con quelli più rapidi e ipercinetici dell’action, l’opus di Marchal innalza, scena dopo scena, l’asticella della tensione in un crescendo di pallottole deflagrate, scoppi di violenza, assalti, regolamenti dei conti e gesti di extrema ratio.

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È un noir nudo e crudo questo Rogue City, un film di genere che ha, intorno a sé, un’aura di autorialità che lo innalza ben al di sopra della media produttiva. Tra cadenze poliziesche e sequenze, decisamente, più adrenaliniche, l’ultimo lavoro di Olivier Marchal è quasi un dramma teatrale, un unico e lungo atto autoconclusivo di un inferno in terra che, in un finale dal sapore dostoevskiano, mostra come si vive e muore a Marsiglia.

 

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