I soliti ignoti, un altro capolavoro firmato Mario Monicelli

I SOLITI IGNOTI MARIO MONICELLI –

Nazione: Italia
Regia: Mario Monicelli
Soggetto: Age & Scarpelli
Sceneggiatura: Mario Monicelli; Suso Cecchi D’Amico; Age & Scarpelli
Musica: Piero Umiliani
Cast: Memmo Carotenuto; Renato Salvatori; Marcello Mastroianni; Vittorio Gassman; Rossana Rory; Carla Gravina; Claudia Cardinale; Carlo Pisacane; Tiberio Murgia; Marcello Mastroianni; Totò; Nino Marchetti
Durata: 111’

Valutazione: * * * * / * * * *

Trama
Un Gruppo di delinquettucci romani cercano il colpo della loro vita ma prima dovranno rivolgersi ad un esperto in scasso di casseforti: Dante Cruciani. Ne combineranno di tutti i colori.

Recensione
Il film di Monicelli segna la fine del periodo d’oro del Neorealismo Rosa che ha caratterizzato tutto il decennio degli anni ’50. Concretizzando quella che Maurizio Grande ha chiamato epos della castrazione in cui avviene una privazione a livello preliminari. I personaggi infatti, anche se colpiti dal tradimento di un colpo che cambierebbe la loro vita, sono uomini giusti che inconsciamente desiderano fallire, perché sono corretti. Il colpo si concretizzerà in una bolla di sapone quando dopo ore e ore di lavoro si ritroveranno a buttare giù la parete della cucina. Parodistico il finale in cui con il muro crolleranno le loro speranze di ricchezza e si accontenteranno di una discreta pasta e ceci. Il giorno dopo il giornale titolerà “colpo dei soliti ignoti, rubata pasta e ceci”.

L’operetta di Monicelli si discosta dal filone precedente immergendosi in una introspezione degradante che contaminerà tutta la commedia all’italiana, assisteremo alla tragedia di cinque uomini, pieni di guai ma ancora con la dignità. Tutti avranno poi un rapporto particolare, direi quasi ancestrale, con l’altro sesso che ne rappresenterà contraltare e difesa.
Cosimo, Memmo Carotenuto, arrestato all’inizio e liberato su condizionale si dissocerà da quelli che crede essere suoi ostentatori morali, finirà bruscamente sotto a un tram nella corsa al ladro dopo uno scippo. La scena dei funerali rappresenterà la prima concretizzazione della morte sullo schermo in questo periodo ma tutto sarà virato sul lato comico di nuovo quando gli altri si presenteranno con bimbo e intenzioni disinteressate al seguito.

Mario, Renato Salvatori, dimostrerà un ossessione irrefrenabile per la madre comprandole sempre tre oggetti uguali, per poi scoprirsi orfano e figlio adottivo di tre badanti di un orfanotrofio. Il suo è lo spaccato più scavato perché proprio in successione si innamorerà della sorella di Ferribotte e rinuncerà al colpo per dimostrare il suo amore. Il siciliano da buon fratello difenderà la sorella fino a che l’amore trionferà definitivamente. Tiberio, Marcello Mastroianni, addirittura diventato mamma per l’assenza della moglie relegata in galera a cui prometterà un materasso in caso di riuscita del colpo.
Delizioso schizzetto poi quello di Capannelle, Carlo Pisacane, sempre affamato e che sogna un’amante. Senza tralasciare Totò esperto in scasso che darà lezione ai due divertendosi in alcune macchiette quasi teatrali.

Uno sguardo alla storia del cinema guardando un film dall’alto tasso tecnico oltre che morale, nelle classifiche che ci fanno ricordare anche all’estero avrà due seguiti di poco successo e rimarrà per sempre nell’immaginario di una Roma allora grigia e ombrosa.

Matteo Fantozzi

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