Eyes Wide Shut, Stanley Kubrick e il suo testamento cinematografico

Eyes Wide Shut è – con molte probabilità – il capolavoro definitivo del compianto Maestro Stanley Kubrick. Questa sera in onda alle 21 su Iris

Eyes Wide Shut

Coppia agiata dell’alta borghesia newyorkese, il medico William “Bill” Harford (Tom Cruise) e sua moglie Alice (Nicole Kidman) all’indomani di un party prenatalizio tenutosi a casa di Victor Ziegler (Sydney Pollack), si confessano, sotto effetto della marijuana, i propri desideri proibiti. Nonostante ciò, William è fermamente convinto della reciproca fedeltà mentre Alice, infastidita, confessa al marito che, qualche anno prima durante una vacanza, aveva fantasticato su un rapporto sessuale con un ufficiale della Marina. Una telefonata che annuncia il decesso di un suo anziano paziente porta il turbato Bill a distogliere, momentaneamente, il pensiero da quanto detto dalla sua consorte. Giunto presso l’abitazione del defunto, Bill è soggetto alle avances della figlia di costui, la quale gli confessa un sentimento d’amore. Scosso dai recenti avvenimenti, Bill inizia a vagare per una notturna New York, vivendo una serie di avventure sempre più ai limiti.

Parlare e scrivere del/sul cinema di un mostro sacro come il grandissimo Stanley Kubrick, non è mai facile: è una duplice azione, questa, che porta dentro di sé un elevato numero di incognite non tanto per un potenziale rischio di horror vacui contenutistico bensì, quando si prende in analisi Kubrick e tutto il suo cinema, le argomentazioni possono essere – potenzialmente – infinite. Con soli tredici lungometraggi, l’autore di Il dottor Stranamore e Barry Lyndon è riuscito a lasciare un segno, un marchio indelebile nell’intera storia passata, presente e futura della Settima arte. Ed Eyes Wide Shut (1999) ultima opera del regista deceduto poco dopo la conclusione delle riprese, è e rappresenta l’ultimo atto di un visionario come pochi.

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Tratto dal romanzo Doppio sogno (Traumnovelle, 1926) di Arthur Schnitzler, autore austriaco che ha influito, notevolmente, sulla produzione psicoanalitica di Sigmund Freud e viceversa, Eyes Wide Shut è il libero adattamento di un fondamentale classico della letteratura. Abbandonata la Vienna di fine ‘800, Kubrick sposta l’azione in una tentacolare, notturna, fredda e natalizia New York di fine Millennio, una metropoli che si perde a vista d’occhio e affacciata alle porte dell’imminente XXI secolo. La Manhattan di Eyes Wide Shut, ricostruita negli studi londinesi di Borehamwood, diventa il fulcro principale delle peregrinazioni notturne di Bill Harford, medico fascinoso e di successo che, in una manciata di ore, ha visto disintegrarsi le sue convinzioni sia coniugali sia esistenziali.

Eyes Wide Shut: tra crisi di coppia e onirismo

Eyes Wide Shut

Nel suo girovagare senza meta che lo porta, rispettivamente, alle mercé di una donna segretamente innamorata di lui, di una prostituta con la quale non consuma nessun tipo di rapporto, in una situazione scabrosa (la figlia dell’affitta costumi Milich che si concede a due uomini giapponesi) e, infine, alla misteriosa festa in maschera all’interno di una villa, apparentemente, fuori dal tempo e dallo spazio, in cui si consuma uno strano rito con orgia annessa. Esperienze, queste, che portano Bill a un passo dal baratro, sul filo di quel labile confine tra salvazione e perdizione, tra coscienza e peccato. Quella di Bill è una (quasi) scissione tra ciò che è e ciò che vorrebbe (ma in realtà non vuole) essere. Eyes Wide Shut è un’opera forse troppo piena di sfaccettature, ma questo non è assolutamente da intendersi come difetto semmai come un privilegiato pregio: troppo riduttivo definirlo un dramma su crisi di coppia, sesso e dintorni Eyes Wide Shut è un viaggio di sola andata alla ricerca di qualcosa di non ben definito.

Il presunto tradimento coniugale (reale od onirico che sia) è la detonazione della frammentazione del sé, di quell’Io indebolito dalle apparenze e dal peso – a volte grave – dell’etichetta e delle “maschere” imposte dalla società. La peregrinazione notturna di William Harford (così come quella del suo prototipo letterario, il Fridolin del Doppio sogno di Schnitzler) in cerca di sensazioni ed emozioni, forse, mai provate e nuove, non solo gli offre la possibilità dei piaceri della carne facile bensì gli concede la possibilità di conoscere un altro da sé, ossia quella personalità taciuta e sepolta nel profondo del proprio essere. Ed è alla luce di quest’altro “Io” che Harford rinuncia all’estremismo del sesso facile e promiscuo (ri)trovando, così, la sua stessa personalità perduta e affondata proprio tra le mura domestiche e la vita matrimoniale.

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Opera immensa e preziosa Eyes Wide Shut rimane un capolavoro sempre attuale, moderno e coevo, in anticipo sui tempi come lo stesso Stanley Kubrick, uno dei Maestri assoluti della Settima arte, che ha lasciato questo importante testamento filmico, un mare magnum sul malessere (gratuito) degli uomini e delle donne della nostra contemporaneità. Un fermo punto di riferimento cinematografico da vedere e (ri)vedere magari, come il titolo stesso suggerisce, con gli occhi aperti e chiusi, spalancati ma, al tempo stesso, serrati per poterne coglierne tutti i significati più nascosti.

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