Finalmente in blu-ray la versione integrale di “4 mosche di velluto grigio” di Dario Argento

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Se, considerando il fatto che in Italia non ottenne mai una distribuzione in videocassetta, fu una notizia bomba quella che ne annunciò nel 2012 la prima edizione su supporto dvd tricolore, non può certo fare a meno di regalare un’ulteriore grossa emozione ad ogni cinefilo degno di questa classificazione l’uscita in blu-ray della versione integrale che CG Entertainment ha curato di 4 mosche di velluto grigio di Dario Argento, realizzata grazie ad un nuovo telecinema in 2K.

Versione che, accompagnata nella sezione extra da trailer, galleria fotografica e quaranta minuti di conversazione con il regista e il Luigi Cozzi che lo affiancò al soggetto insieme a Mario Foglietti, consente finalmente di poter godere nella splendida qualità dell’alta definizione di uno dei migliori titoli appartenenti alla filmografia di Mr. Profondo rosso.

Titolo tramite cui, in seguito al sorprendente L’uccello dalle piume di cristallo e il non troppo convincente Il gatto a nove code, provvide a chiudere nel 1971 la sua cosiddetta “trilogia degli animali” calando Michael Brandon nei panni del Roberto Tobias che, batterista in un gruppo rock vittima di un pedinamento, pugnala a morte, in un teatro, proprio il suo persecutore; senza immaginare, però, che qualcuno abbia fotografato di nascosto quanto accaduto.

Titolo oltretutto giustificato dalla geniale trovata conclusiva attraverso cui viene incastrato l’ignoto assassino destinato a mietere vittime dopo che il protagonista, terrorizzato, si confida con la moglie Nina e l’amico filosofo chiamato “Dio”, ovvero la Mimsy Farmer tornata tre anni più tardi al genere ne Il profumo della signora in nero di Francesco Barilli e un Bud Spencer una volta tanto lontano dalle scazzottate condivise con l’amico Terence Hill.

Assassino tutt’altro che facile da indovinare e che, tra risvolti inaspettati e l’impressionante momento in cui un individuo si ritrova una siringa conficcata nel petto, finisce al centro di una delle migliori sceneggiature concepite dall’autore di Suspiria e Tenebre.

Autore che, avvalendosi per la terza volta di una colonna sonora composta dal futuro vincitore del premio Oscar Ennio Morricone, non solo non rinuncia al consueto virtuosismo tecnico che ha contribuito in maniera fondamentale a rendere unica e irripetibile buona parte del suo cinema, ma ricorre qui, in più di un’occasione, a evidente citazionismo cinefilo.

Infatti, se, per quanto riguarda il primo dei due aspetti appena menzionati, possiamo citare l’inquadratura dall’interno della chitarra e l’incidente finale, girato a 3000 fotogrammi al secondo, non mancano una via Fritz Lang in chiaro omaggio al maestro tedesco della celluloide ed una sequenza di omicidio che, ambientata di un parco, ne ricorda non poco una analoga vista ne L’uomo leopardo, diretto nel 1943 da Jacques Tourneur.

Francesco Lomuscio

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