È stata la prima diva bambina del mondo del cinema, la prima per cui si scatenavano episodi di follia collettiva: tutti stregati da quei «riccioli d’oro», così era chiamata Shirley Temple, scomparsa ieri a 85 anni. Tutti incantati da quel sorriso che, secondo il presidente Roosevelt, dava alla gente messa in ginocchio dalla Grande Depressione «la forza di andare avanti».
Nata nel 1928 a Santa Monica, Los Angeles, figlia di un banchiere e una ex ballerina, non sa ancora quasi camminare che la madre la porta a lezione di danza. La sua carriera di fronte alla telecamera inizia a cinque anni quando Charles Lamont, direttore della Educational Pictures, la sceglie durante una visita nella sua scuola per due serie della Educational Pictures.
Il suo viso d’angelo e il suo sorriso le spalancano presto le porte del grande cinema e film come «La mascotte all’aeroporto» (1934) le vale una sorta di Oscar giovanile, riconoscimento«inventato» appositamente per lei, Seguono «Zoccoletti olandesi» (1937) e «Riccoli d’oro» (1935), che le ha poi dato il soprannome conosciuto in tutto il mondo. I l suo sorriso diventa il simbolo della voglia di riscatto della gente afflitta dalla Grande Depressione, al punto che il presidente Franklin D. Roosevelt in persona proclama: «Finché il nostro Paese avrà Shirley Temple, noi staremo bene» («as long as our country has Shirley Temple, we will be all right»). Rooselvelt credeva infatti nell’importanza di creare un’«atmosfera» favorevole alla ripresa, e in questo il cinema aveva un ruolo fondamentale: «È meraviglioso – diceva – che per pochi centesimi ogni americano possa entrare in un cinema e vedere il sorriso di una bimba che gli ridarà la forza di andare avanti».
Ma i tempi cambiano e l’adolescenza coincide con il declino di Riccioli d’oro, che negli Anni 40 viene chiamata solo per una manciata di film. Dopo il secondo matrimonio nel 1950 con l’uomo d’affari californiano Charles Black, da cui ha avuto due figli, Shirley si era candidata al Congresso con i repubblicani e poi era stata ambasciatore degli Usa all’Onu, in Ghana e in Cecoslovacchia. In America fu anche il primo personaggio famoso a raccontare pubblicamente di aver avuto un tumore al seno. Oggi la famiglia parla di una vita «di notevoli successi come attrice, come diplomatico, e … come nostra amata madre, nonna e bisnonna». Segno che quel sorriso che aveva stregato l’america anche lontano dai riflettori non si era mai spento.
Fonte: La Stampa.it