Spunti di riflessione e piacevoli sorprese al Festival Nuovo Cinema Europa

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Si è da poco conclusa la quarta edizione del FESTIVAL NUOVO CINEMA EUROPA. Anche quest’anno Il festival è stato ospitato dal Cinema Sivori e organizzato con la solita cura dall’Associazione Culturale Profondità di Campo in collaborazione col Circuito Cinema Genova. Come sempre ottima la qualità del materiale pubblicitario e informativo (cartellone, catalogo, schede di valutazione). Come da consuetudine il catalogo è snello, ben fatto, attraente e molto accurato nel presentare i film in programmazione, scelti in collaborazione con gli Istituti di Cultura Europei e presentati in lingua originale sottotitolati. Anche quest’anno c’è stata una buona risposta di pubblico, del quale fanno parte molti genovesi e, come è ovvio attendersi, molti stranieri residenti a Genova. Sono lieto di ribadire un concetto giá espresso lo scorso anno, e cioè che Il Festival Nuovo Cinema Europa continua a essere una delle poche realtá vive e vitali presenti sul territorio genovese.

Ma veniamo ai film. Quest’anno ho notato come in diverse opere in concorso fossero presenti tematiche molto attuali. La crisi economica ha partorito spesso pellicole disperate e realistiche, che hanno però in molti casi appiattito il linguaggio cinematografico in luogo di un taglio spesso talmente improntato al realismo, da perdere l’immaginifico che deve essere comunque sempre presente in un’opera artistica, di qualunque genere essa sia. Inoltre un eccessivo utilizzo dei mezzi di comunicazione odierni (video tratti da cellulari, webcam e simili) risulta deleterio se non utilizzato con la necessaria misura. È questo il caso di Až do města Aš (Fino alla Città di Aš) film coproduzione Slovacchia/Repubblica Ceca della regista Iveta Grófová. Il film racconta di una delle tante ragazze slovacche che emigrano in Repubblica Ceca con il miraggio di un lavoro e di una vita migliore. Troverà in questa città vicino al confine con la Germania un impiego che presto le verrà tolto e delle condizioni di vita che la costringeranno a uccidere i suoi sogni, nel vano tentativo di garantirsi un futuro dignitoso. Sebbene potesse risultare interessante la commistione di tecniche di ripresa utilizzate per questo film, si finisce per notare più l’utilizzo confuso ed eccessivo di queste differenti tecniche, utilizzo che inficia la comprensione stessa del plot narrativo. Unica parte interessante è il progressivo cambiamento della visione che ha del mondo la protagonista, attraverso i brevi intermezzi di animazione presenti durante il film.

Un’altra pellicola che parla di storie riconducibili alla crisi, sicuramente in maniera più interessante è Poupata (Boccioli di Fiore) del regista Zdenêk Jirásky, storia di una famiglia in difficoltà in un paesino della Repubblica Ceca. Questo film è molto interessante per lo sviluppo narrativo e per la caratterizzazione dei personaggi. Ognuno di essi è calato in questa realtà e la affronta in maniera molto diversa. Svolge un ruolo fondamentale il destino che potrebbe portare un aiuto inaspettato, aiuto che, proprio attraverso i giochi avversi dello stesso destino verrà disatteso.

Un’occasione mancata invece è rappresentata dal film Quichote Eiland (L’isola di Chisciotte), film belga di Didier Volckaert. Il film avrebbe una buona idea di base nella messa in scena del mondo fantastico che si costruisce il protagonista per fuggire dalla realtá, mondo che irrompe prepotentemente dopo che lui diventa testimone involontario di uno stupro. Purtroppo il regista mette troppa carne al fuoco e dopo un inizio decisamente promettente sviluppa una sceneggiatura piena di incongruenze, utilizzando inoltre consumati e fastidiosi cliché.

Di un livello sicuramente maggiore è il film austriaco Stilleben, diretto da Sebastian Meise, nel quale si affronta una tematica molto spinosa come la pedofilia. Tematica resa con una messa in scena scarna e realistica. Questo è un film principalmente di attori, e di silenzi. Silenzi che parlano più delle parole, in una tragedia familiare dove nessuno esce incolpevole, e
dove la vera vittima è proprio il padre, costretto a reprimere per tutta la vita la sua ossessione per la figlia, con la quale ha sempre mantenuto le distanze proprio per non cedere a degli istinti che sa essere sbagliati. Nonostante questo, il figlio scuoterà nelle fondamenta le certezze dell’intera famiglia scoprendo il segreto che il padre ha sempre tenuto nascosto e sconvolgendo la vita di tutti. Questo porterà a delle inaspettate conseguenze.

Il vero gioiello di questa edizione del FNCE però è senza dubbio Dead Man Talking film scritto, diretto e interpretato da Patrick Ridremont, in una coproduzione Francia, Belgio, Lussemburgo. Questo film ha messo d’accordo tutti vincendo sia il premio del pubblico che quello della giuria. Una pellicola veramente speciale che riesce a fondere dentro di sè tante anime, drammatica,
comica, struggente e malinconica. Mai banale, sempre divertente, ben girato, ottimamente recitato, affronta diversi argomenti “importanti” con un’ironia, una leggerezza e una delicatezza fuori dal comune, e con grande immaginazione e creatività. È la storia di un condannato a morte che, non precisando la legge, quale durata deve avere la sua ultima dichiarazione, comincia a raccontare la
sua vita, in un interminabile monologo, e con questo espediente riesce a ritardare la sua fine trasformando la sua esecuzione in un fatto politico e mediatico di enormi proporzioni. Al di là dell’ idea originale dalla quale si sviluppa tutto il film, la forza che questa pellicola ha è la capacità di coinvolgere lo spettatore in una riflessione sulla vita, di affrontare argomenti difficili non diventando mai greve, come altri film concorrenti hanno invece fatto. È stata veramente una ventata d’aria fresca, anche grazie al regista e protagonista del film, che ha inondato la platea genovese di simpatia
e ironia, prima e dopo la proiezione, durante il dibattito finale, e anche durante la premiazione svoltasi nella giornata di venerdì.

Possiamo infine dire che anche quest’anno Il Festival Nuovo Cinema Europa non ha disatteso le aspettative presentandoci pellicole che, altrimenti, non avremmo mai avuto modo di vedere, e facendoci conoscere cineasti sconosciuti al pubblico italiano, Dead Man Talking e il suo regista Ridremont su tutti.

Dario Pittaluga

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