Laura Luchetti, ESCLUSIVA: “Tiro fuori tutti i sogni dai cassetti”

Laura Luchetti, regista colta, intelligente, determinata e concreta, ha raccontato ai microfoni di Youmovies la sua visione del cinema e i progetti futuri.

Laura Luchetti
Laura Luchetti

Laura Luchetti è una brillante regista italiana, che attualmente sta ricevendo prestigiosi riconoscimenti per i suoi lavori.

Nel 1997 gira In Great Shape, un cortometraggio che viene premiato in vari festival e successivamente lavora come lettrice di sceneggiature all’European Script Fund e per Miramax.

Per 3 anni ha avuto modo di essere assistente di Russel Crowe, di cui è anche line producer di Texas, un documentario diretto proprio dall’attore.

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Nel 2003 produce e dirige un documentario che parla del regista Anthony Minghella e anche il Making of del film Cold Mountain.

Successivamente realizza vari cortometraggi tra cui La Tartaruga, The Sea, Finchè morte non ci separi e nel 2011 invece esce il suo lungometraggio dal titolo Febbre da Fieno.

Nel 2019 esce al cinema distribuito da Fandango il film Fiore Gemello, che ottiene subito un grande successo e vince l’ultima edizione del Moviemov Italian Film Festival, battendo anche registi importanti come Ferzan Ozpetek con il suo film La dea fortuna.

Laura Luchetti, l’intervista alla regista

Fiore Gemello
Fiore Gemello

Laura Luchetti nella tua carriera hai già avuto numerosi riconoscimenti importanti in vari Festival Internazionali e adesso hai vinto l’ultima edizione del Moviemov Italian Film Festival con il tuo film Fiore Gemello, di cui hai curato la regia e la sceneggiatura. Come ti senti? Come vivi questo momento di grande riconoscimento del tuo lavoro?

“Mi sento una persona molto fortunata. Il percorso nella creazione del film è stato molto faticoso, ma è stato bello e fa parte del nostro lavoro. I risultati mi trovano sempre sorpresa e mi sento molto fortunata che questo piccolo film abbia avuto la chance di viaggiare così tanto e arrivare anche al cuore e al sentimento di persone che vivono in paesi lontanissimi e completamente diversi l’uno dall’altro. Questo premio che ci hanno dato nelle Filippine a maggior ragione mi sorprende perché c’erano molti grandissimi film italiani in concorso e anche perché a causa della pandemia attuale il festival si è dovuto trasformare e si è spostato on-line.”

Com’è stata quest’esperienza?

“Ci sono state tantissime presenze, 75.000 contatti, 3.500 spettatori. La soddisfazione più grande quindi è stata che nonostante ci fosse un’emergenza come questa, ci sia stato proprio lo sforzo da parte degli spettatori di voler seguire il Festival lo stesso, di andare on-line, di mettersi a vedere i film a casa, di votarli. Quindi è un premio doppio perché testimonia che c’è un amore per il cinema italiano anche nelle Filippine. Questo premio è molto importante e poi arriva assolutamente come una sorpresa enorme. C’erano in concorso pellicole di registi che io ammiro molto, ed è stata quindi una grande soddisfazione.”

Fiore Gemello è la storia di questi due personaggi, Basim un immigrato clandestino che proviene dalla Costa D’avorio e Anna, la figlia di un trafficante d’armi. Entrambi fuggono tra i paesaggi della Sardegna scappando dal loro passato, scoprendo l’amore reciproco e rincorrendo l’ideale futuro migliore. Come definiresti tu il tuo film? Di cosa parla nel profondo e qual è il vero messaggio che vuole dare?

“Questo è un film sull’innocenza, sulla perdita di essa e della lotta per riconquistarla. Fondamentalmente sono due ragazzi giovanissimi, lui è dovuto scappare dal proprio paese e lei da una situazione violenta che vive all’interno dell’ambito familiare. Sono stati entrambi violentati dalla vita e si incontrano e nonostante non abbiano niente in comune finiscono per avvicinarsi, perché ci sono delle cose che vanno al di là delle barriere linguistiche, razziali. Nasce tra loro un rapporto molto forte che li porterà poi paradossalmente a fare anche cose molto violente per riconquistare la propria innocenza e incamminarsi verso il futuro, verso un orizzonte che io spero sia positivo.”

Ho letto che i protagonisti del tuo film non sono attori professionisti. Perché questa scelta e come li hai selezionati?

“Qualcuno ha definito il mio film una favola nera e io sono sono d’accordo con questa definizione, però questa storia io la volevo raccontare partendo da reale, da una base vera, esistente. Sapevo che quando avrei trovato i due personaggi in carne ed ossa, la storia si sarebbe adattata sulla loro pelle. Quindi la storia si è plasmata su Kallil e il personaggio è diventato ivoriano e la lingua che parla nel film è diventata la sua di quando l’ho incontrato. Quando l’ho conosciuto era appena sbarcato e parlava pochissimo in italiano, e poi in francese e la sua lingua madre usata in Costa d’Avorio e in altri paesi africani. La passione che Kallil ha per il calcio ad esempio, è entrata dentro il film. Quando lui ha letto la sceneggiatura ha detto “Questa è la mia vita, come fai a saperla?”. Stessa cosa vale per Anastasia, quando l’ho incontrata era molto differente fisicamente da come io mi ero immaginata il suo personaggio e a quel punto la narrazione si è piegata al suo corpo e alle sue espressioni. Volevo che entrambi dunque portassero una verità e li ho trovati facendo street casting, cercandoli ovunque insieme alla mia casting Stella La Boccetta. Li abbiamo cercati nei centri di accoglienza, nelle palestre, nei bar, nelle piazze e li abbiamo trovati a Cagliari. Sono dei ragazzi molto speciali e io li devo ringraziare, abbiamo fatto un grande lavoro, ma soprattutto io sono stata fortunata perché loro si sono fidati di me ed era la loro prima volta come attori, ma anche la mia prima con non professionisti.”

Com’è avvenuto il tuo approccio alla regia? Era un sogno da piccola?

“Io ho sempre scritto fin da piccola, scrivevo sempre brevi racconti, poi a ad un certo punto mi è venuto il desiderio di trasformare in reale queste storie. Hai presente l’arte degli origami, in cui trasformi un pezzo di carta in un oggetto tridimensionale? Improvvisamente mi è venuto il desiderio di fare un origami del racconto, di vederlo crescere in un’altra dimensione e ho pensato che il film fosse la cosa più naturale. Io non ho studiato cinema e quindi ho dovuto imparare facendo la gavetta. Ho cominciato con dei piccoli corti e pian piano mi son fatta strada, anche se ancora sono nella curva di apprendimento.”

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Da dove nasce l’ispirazione per i tuoi lavori?

“Dalla vita, dagli esseri umani, dalle piccole cose che ti succedono attorno, da uno sguardo di un signore che scende dall’autobus, dalla nostra realtà che è la più grande fonte di meraviglia. Il mondo che abbiamo attorno è pieno di meraviglie, bisogna andarle a cercare.”

Hai un sogno lavorativo nel cassetto?

“Io sto cercando di tirarli fuori tutti dai cassetti.”

Stai già lavorando ad un nuovo progetto?

“Sì, sto lavorando a più d’uno. In particolare però sono alle prese con il prossimo film che sarà prodotto da Giovanni Pompili e Luca Legnani, ed è un progetto che amo molto e che mi fa anche tremare le gambe. Si tratta dell’adattamento di una novella di un grandissimo autore italiano che è Cesare Pavese, La bella estate. Il mio approccio è molto umile e anche di innamoramento con questo autore. Questa scelta me l’hanno proposta loro e io ho accettato, poiché incredibilmente era uno dei libri che amavo di più e che forse è anche uno dei meno noti. C’è da tremare con un autore come Pavese, quindi ho un grande rispetto, ma anche il desiderio di strapazzarlo. Poi sto anche portando avanti altre cose mie.”

Come vivi tu questo momento di quarantena?

“Scrivendo noi ci mettiamo anche in una posizione molto chiusa, spesso a casa, ed è quindi una condizione abbastanza normale, certo mai a questi livelli. Secondo il mio umile punto di vista non credo che si potrà tornare a quello che eravamo prima, ad una normalità che ci faceva accettare anche delle cose non giuste. Questo averci messo in questa bolla ha fermato tutto e almeno a me ha aiutato a cominciare ad avere uno sguardo diverso sul mondo. E lo sguardo è lo strumento principale di chi fa cinema e spero che riusciremo a farne buon uso. Cambieranno delle cose pratiche, un po’ quello che immaginiamo tutti e ci sarà una gestione della fiducia diversa. Le strette di mano, gli abbracci, la vita sociale, quelle piccole e grandi cose che diamo per scontate saranno tutte da ripensare. Speriamo di riavere tutte queste cose, ma con una saggezza nuova.”

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