Giacomo Giorgio, Mare fuori ESCLUSIVA: “Vi racconto il mio esordio”

Giacomo Giorgio è un giovane attore di talento, brillante e colto, che ha avuto modo di lavorare con artisti di fama mondiale. Ecco la sua intervista.

Giacomo Giorgio
Giacomo Giorgio (Fonte: Instagram ufficiale)

Giacomo Giorgio è una giovane promessa del cinema italiano che ha già al suo attivo la partecipazione a progetti molto importanti.

L’attore infatti ha debuttato nel cinema prendendo parte ad un lavoro di respiro internazionale, con un ruolo nel film di Rupert Everett dal titolo The Happy Prince, stando a contatto con delle vere e proprie star di Hollywood.

Inoltre il ragazzo ha anche partecipato ad un film del regista Federico Moccia, lavorando al fianco di Gianmarco Tognazzi e Vanessa Incontrada.

Giacomo Giorgio ha lavorato anche in alcune serie televisive e recentemente è stato scelto per interpretare il ruolo di protagonista nella miniserie dal titolo Mare fuori che doveva essere trasmessa proprio in questi giorni, ma che è stata rimandata a causa dell’emergenza del Coronavirus.

Giacomo Giorgio, l’intervista all’attore

Giacomo Giorgio
Giacomo Giorgio (Fonte: Instagram ufficiale)

Voglio iniziare questa intervista nominando The Happy Prince, film che tratta la vita di Oscar Wilde, diretto e interpretato dall’attore Rupert Everett. Parlami un po’ del tuo ruolo in questa pellicola e come sei stato selezionato per farne parte.

“E’ stata un’esperienza incredibile e il mio esordio al cinema. Prima del film continuavo gli studi a teatro e poi grazie alla mia agenzia ho avuto la possibilità di fare un provino per questa pellicola. Inizialmente non mi avevano specificato che la parte che dovevo interpretare era per un film di Rupert Everett, quindi un giorno di fine luglio sono andato al San Carlo di Napoli e mi son ritrovato lui dietro la tenda, lasciandomi senza parole. Poi ci sono stati altri due provini e alla fine mi hanno scelto. Chiaramente si trattava di un piccolo ruolo, però è stato uno dei viaggi più belli della mia vita. Ho avuto la possibilità di condividere un set con attori del calibro di Colin Firth.”

Com’è stato per te far parte di questa produzione così importante? Che rapporto hai avuto con queste stelle del cinema internazionale?

“Mi reputo molto fortunato perché è vero che una persona deve avere preparazione e talento, però bisogna anche che capiti un’opportunità al momento giusto. Io dovevo interpretare un pescatore napoletano di fine ‘800 – inizi ‘900, e pare avessi la fisicità giusta. Colin Firth e Rupert Everett sono da un punto di vista personale i due attori che fin da piccolo avevo sempre sognato di conoscere e diventare un giorno come loro. Sono due persone splendide, molto eleganti, delicate e professionali. Non si è mai respirata sul set un’aria di differenza tra attori minori e maggiori, tutti erano disponibili e facevano parte della stessa barca. Una cosa che voglio sottolineare è che Rupert Everett nel suo film ha voluto che fosse presente l’influenza attoriale italiana, anche solo se per un piccolo ruolo, come nel mio caso. Everett crede che la qualità attoriale italiana e napoletana sia unica nel mondo.”

Per il cinema italiano invece hai lavorato nel film Non c’è Campo di Federico Moccia. Cosa ti ha lasciato questa esperienza?

“Innanzitutto è stato un film molto divertente, tutta un’altra cosa rispetto alle altre fatte in precedenza. Interpretavo un ragazzo facilone, fidanzato con quella che doveva essere la figlia dei personaggi di Vanessa Incontrada e Gianmarco Tognazzi. Ricordo sicuramente il divertimento di quei giorni.”

Hai riscontrato una differenza sostanziale tra una produzione americana e quella italiana?

“No, più che altro dipende tutto da un punto di vista economico e di budget.”

Quindi il clima, nonostante la differenza di produzione, si mantiene sempre molto cordiale e umano a prescindere in entrambi i casi?

“A mio avviso nel cinema italiano il clima è ancora più familiare. Nel film di Moccia abbiamo passato una settimana a Lecce per fare le scene mie e di Tognazzi. Tra di noi si è creato un rapporto quasi tra fratello maggiore e fratello minore. Gianmarco custodisce con sé un pezzo di storia del cinema italiano, ed è stato stupendo sentire i racconti su Ugo Tognazzi, Vittorio Gassman e Marcello Mastroianni.”

Ho letto che oltre al cinema e alle serie tv, hai avuto modo di lavorare anche in ambito teatrale. Che differenze trovi tra questi tre campi e in quale veste ti senti più a tuo agio?

“Domanda difficile questa. Sicuramente sono due mondi completamente differenti, io metto il cinema e la televisione insieme perché si tratta sempre di stare dietro ad una macchina da presa. Credo che non si debbano fare necessariamente tutte e due i mestieri, ma chi ha una provenienza teatrale ha forse delle armi in più dal punto di vista tecnico. Però sono proprio due attitudini diverse per modo di recitare, di interpretare, per le conoscenze che devi avere. Il teatro richiede una preparazione molto più complessa ma sei libero di improvvisare, te la puoi cavare, con il cinema è diverso.  Come mi disse una volta un grande maestro, Michael Margotta, il teatro è il punto di vista dell’attore e il cinema è il punto di vista del regista. Dietro la macchina da presa non ci sono scuse e devi trovare il modo di essere realistico e convincente. Quello che volevo dire però è che tra il cinema e la televisione non ci sono differenze sostanziali e forse con la seconda hai maggiori possibilità di esprimere un personaggio più a lungo. Il lavoro in una serie televisiva è ancora più profondo e ti dai ancora di più, in modo corporale ed emotivo. Io personalmente però tra i vari ambiti adoro la macchina da presa.”

Hai avuto modo di lavorare in serie televisive di una certa valenza, come I bastardi di Pizzofalcone, che vanta un cast tutto italiano di attori molto noti e amati dal pubblico tra cui Alessandro Gassmann e Carolina Crescentini e recentemente anche in Mare Fuori in cui hai ottenuto il ruolo di protagonista. Hai un ricordo in particolare legato ad entrambe le serie tv?

“Per I bastardi di Pizzofalcone ho interpretato un piccolissimo ruolo, che è praticamente il caso della puntata Souvenir di D’Alatri, un bravissimo regista. Il mio personaggio era una pescatore molto fisico e amante di questa attrice famosissima degli anni ’60. Ho avuto anche la fortuna di conoscere Maurizio De Giovanni reputandolo uno dei più grandi scrittori viventi italiani e mi ricordo perfettamente che lui mi disse che Souvenir era il libro al quale teneva di più e quindi è stato molto bello farne parte, anche in maniera piccola. Mentre Mare fuori è proprio stata una fortuna e non posso che ringraziare Carmine Elia, il regista della serie, con il quale si è creata una vera intesa. Sono uno dei protagonisti della serie e il mio personaggio è un cattivone. Mi reputo molto fortunato di avere interpretato un personaggio così, perché era da sempre uno dei miei sogni più grandi quello di attuare il ruolo del cattivo. Ho dunque interpretato la parte di un ragazzino di 17 anni, poi divenuto maggiorenne, che sta all’interno del carcere penitenziario che comanda, mentre sogna di poter avere un giorno il controllo su tutta Napoli. Il regista ha voluto spingere soprattutto sulla verità, non su un’apologia alla criminalità, ma sulla realtà vera che accade in questi contesti.”

Adesso voglio chiederti una curiosità che riguarda più da vicino il tuo lavoro. Come ti prepari prima di una scena? Come studi i personaggi che devi interpretare?

“Chiaramente tutti gli attori hanno la propria filosofia, io personalmente studio il metodo Stanislavskij. Ho iniziato con delle basi classiche teatrali, dopodiché a 14 anni ho seguito il metodo, che è quello che utilizzo tutt’ora e che prevede tutta una serie di passi da dover. Ad esempio io per interpretare il ruolo del protagonista di Mare fuori, mi sono impegnato molto. Dovevo intepretare un ragazzino con una cattiveria innata, che non mi appartiene, e un accento molto forte. Così ho deciso di scendere a Napoli un mesetto e mezzo prima delle riprese per riprendere la parlata del luogo, mentre invece per sperimentare il senso di claustrofobia e di vita in cattività ho nel mio piccolo provato a cercare degli espedienti che mi facessero, anche se lontanamente, capire com’è vivere in difficoltà. Ho dormito spesso sul divano, stando scomodo, e uscivo molto poco.”

Attualmente in Italia e nel mondo stiamo vivendo una vera e propria emergenza causata dalla presenza e minaccia del Coronavirus, che ci ha imposto un grande sacrificio in termini di cambiamenti di abitudini e stili di vita. Come stai vivendo tu questa situazione critica?

“La sto vivendo purtroppo male, nel senso che il nostro è un mestiere che per natura presuppone la presenza di un pubblico, quindi l’attitudine naturale è quella di intrattenere qualcuno o qualcosa. Io personalmente sto andando avanti con libri, film scrittura, per dare l’impressione di andare comunque avanti.”

Un’ultima domanda, che riguarda la tua sfera privata. Sai di essere un bel ragazzo e sicuramente avrai un certo seguito da parte del pubblico femminile. Posso chiederti qual è la tua situazione sentimentale attuale?

“No comment (ride). Comunque mi reputo di essere assolutamente un ragazzo normalissimo.”

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