Sono passati 40 anni dalla morte di Giorgio Ambrosoli, avvocato milanese assassinato dalla mafia italoamericana. Ecco chi era l’eroe borghese.
È l’11 luglio 1979 quando l’avvocato Giorgio Ambrosoli viene assassinato dalla mafia italoamericana. Un omicidio a sangue freddo con quattro colpi di pistola sotto l’abitazione di colui che aveva osato sfidare il banchiere Michele Sindona. Ecco la sua storia.
Nato a Milano nel 1933 da una famiglia borghese, fin da giovane si impegna in politica, militando nell‘Unione Monarchica italiana. Nel 1958 si laurea in Giurisprudenza. Nel 1962 arriva anche il matrimonio con Anna Lorenza Gorla, da cui ha tre figli. Nel 1964 inizia a lavorare nel settore fallimentare e delle liquidazioni. Questo sarà il suo mondo.
In quegli anni però sono in atto delle manovre per salvare alcune banche. È il 1971 e l’allora governatore della Banca d’Italia, Guido Carli, accorda un prestito a due istituti per mezzo del Banco di Roma. L’obiettivo è quello di salvaguardare i correntisti. Le due banche sono di proprietà di Michele Sindona e, dopo il prestito, vengono fuse per dare vita alla Banca Privata Italiana. Il punto è che alcune indagini, effettuate dal direttore centrale del Banco di Roma Giovanbattista Fignon, mettono in evidenza un vero e proprio sistema speculativo, che ha prodotto un buco da 258 miliardi di lire. Ed è per questo che, nel 1974, Ambrosoli viene nominato commissario liquidatore della Banca Privata Italiana. Un compito davvero molto delicato.
La vita dell’avvocato milanese cambia radicalmente e si intreccia con quello di Michele Sindona, iscritto alla Loggia Massonica P2 e grande amico di Giulio Andreotti. Per di più colui che ha creato un vero e proprio impero economico dal nulla è vicino anche alla famiglia del mafioso americano Gambino. Ambrosoli arriva a scoprire determinate trame. Ed è per questo che gli iniziano ad arrivare telefonate di minacce. L’uomo inizia a capire che pagherà a caro prezzo. Ed ecco che, l’11 luglio 1979, dopo aver passato la serata a vedere un incontro di pugilato alla tv, viene avvicinato sotto il portone di casa sua a Milano, da un uomo che gli chiede se è proprio lui l’avvocato Ambrosoli per poi sparargli quattro colpi di pistola. L’esecutore è il malavitoso statunitense William Joseph Aricò, che, come stabilito dalle indagini, è stato pagato con 25mila dollari in contanti e con un bonifico di altri 90mila dollari su un conto bancario svizzero. A ingaggiarlo è stato Michele Sindona, condannato all’ergastolo e morto in carcere nel 1986 per avvelenamento da cianuro potassio.
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