Perché, con un ricco cast comprendente, tra gli altri, la Antonella Lualdi proveniente dalla Commedia all’italiana, il roccioso Gordon Mitchell e la Margie Moreau in seguito rivista accanto ad Alberto Sordi e Carlo Verdone in “In viaggio con papà” (1982), è proprio questo che viene raccontato in “Mafia, una legge che non perdona” (1980), il cui punto di partenza è una lotta che si scatena nel palermitano per la successione di un boss appena deceduto.
Lotta che, tra omicidi, agguati e scontri, porta il bello e arrivista Tony, ovvero il Jackie Basehart di “Quel maledetto treno blindato” (1978), a far sequestrare un ragazzino malato che altri non è che il rampollo di Don Raffaele alias Raffaele Fortunato, uomo di rispetto da tempo uscito dal giro ma che la Cupola ha incaricato di mettere ordine nel caos.
Il Don Raffaele che, in maniera evidente, rappresenta il derivato dei vari personaggi incarnati da Mario Merola nei diversi camorra-movie al sapor di sceneggiata partenopea (citiamo soltanto “Napoli serenata calibro 9”), cui l’esordio registico giromettiano tende a riallacciarsi.
E, mentre la Malisa Longo di “Roma bene” (1971) si concede anche l’immancabile nudo integrale nel ruolo della donna del rapitore, incaricata di prendersi cura del giovanissimo sequestrato, nascosto a bordo di una nave, non mancano neppure inseguimenti e vittime ricoperte vive nel cemento nel corso di quella che la rivista di cinema Nocturno ha definito “La più viscerale delle storie nel mafiologico”.
È all’interno della collana CineKult – curata proprio dal mensile per CG Home Video – che viene reso disponibile, con intervista di ventisei minuti al regista nella sezione riservata ai contenuti speciali.
Francesco Lomuscio
Questo articolo è stato modificato: 1 Settembre 2014 01:57
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