Di là dalla cortina lo corteggiano e vezzeggiano. Il capo del comitato locale del Partito Comunista di Mosca, per dire, Valeri Rachkine lo invita a iscriversi tra le loro fila: «Ho inviato Depardieu una lettera ufficiale proponendogli di iscriversi al partito comunista della Federazione russa». E Depardieu flirta: «Mio padre era comunista e ascoltava Radio Mosca. Quella era la mia cultura, al tempo».
C’è chi vuole il suo gran faccione come ministro della cultura, intanto che è finito sui manifesti per pubblicizzare una banca.
Di qua dalla cortina i giudizi sono diversi. Vendola evangelicamente scherza e dice che lo manderebbe all’inferno. Ma in Francia i toni sono diversi – meno scherzosi. Sopra tutto tra gli intellettuali. L’affondo più duro viene da uno dei mensili più cool e irriverenti, Les Inrockuptibles. La rivista il volto dell’attore lo sbatte in copertina con due semplici date: quella di nascita, il 1948; quella della “dipartita” verso la Russia, il 2013; e una frase secca: «Il fu Depardieu».
«Com’è che Gérard Depardieu è arrivato fin là? – si chiedono nel dossier a lui dedicato – Cosa resta del mostro sacro del cinema francese? E quale futuro è riservato a chi non riesce a distinguere l’uomo dall’artista?».
«Dall’irritazione alla paura», le domande a cui la redazione cerca di rispondere sono tante. Di sicuro c’è sotto queste domande l’hanno “seppellito”.
Fonte: unita.it
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