“Questa fregnaccia pazzesca mi è rimasta addosso da quasi vent’anni, da quando ho fatto ‘Uomini, uomini, uomini’, storia di quattro amici omosessuali, e sono diventato amico di Paolo. Tu pensa che i miei figli lo chiamano zio. Ieri sera eravamo a cena io, mia moglie, lui e la sua fidanzata. Paolo è un uomo serio, perbene, cui voglio molto bene. Sono molto attaccato a quest’uomo da quella volta che ho rischiato seriamente di morire: Capodanno del Duemila, a Cortina, esco di casa con mia figlia per vedere i fuochi e mi arriva un petardo dritto in un occhio. Una tragedia. Lui mi era grato. L’avevo fatto lavorare nel cinema quando era un ragazzetto che mi faceva d’autista, prima ancora si arrangiava da buttafuori. Mi è stato vicino con mia moglie al Policlinico Gemelli per quattro mesi e mezzo. Non lo posso dimenticare. Mi faceva la barba, mi puliva il sedere. Paolo è più di un amante. È come un altro fratello. Ti giuro, avessi questa inclinazione lo direi. Il punto è un altro. Se hai successo, denaro, una bella famiglia, finisce che stai sulle palle a molti. Qualcosa devono trovare. È un paese di matti il nostro.”
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