Ravenna Nightmare Film Fest, Mariangela Sansone: “Il racconto della Cavani” (Esclusiva)

Abbiamo intervistato in esclusiva Mariangela Sansone, collaboratrice di un importante evento tenutosi a Ravenna, il Nightmare Film Fest, per toccare alcuni dei punti salienti di questa esperienza, tra cui la visione del film di Liliana Cavani “Il portiere di notte”. 

Ravenna Nightmare Film Fest Cavani
Mariangela Sansone al Ravenna Nightmare Film Fest

Ravenna Nightmare Film Fest, le parole di Mariangela Sansone sull’evento e sulla Cavani

– Si è appena concluso il Nightmare Film Fest. Quali credi siano i punti di forza di questo evento, che si ripete con successo da più di 15 anni?

Il Nightmare Film Fest ha una lunga tradizione alle spalle e esplorando il cinema di genere, in tutte le sue sfumature, ha portato alla luce gemme di rara bellezza. Nel tempo si è addentrato in territorio nuovi, indagando su linguaggi cinematografici originali ed inediti non esclusivamente legati al genere, da Jean Rollin e Nicolas Winding Refn, fino a David Lynch, Jean-Jacques Annaud e Liliana Cavani in quest’ultima edizione. Il Nightmare offre uno sguardo trasversale su grandi autori e registi contemporanei che hanno squarciato la tela dello schermo grazie a opere innovative. Anche se sembra un ossimoro, in questa edizione il Nightmare si è aperto al sogno, portando in sala film come 9 Doigts, di F.J. Ossang, nella sezione Contemporanea, e Les Garçons sauvages, di Bertrand Mandico, vincitore del premio della critica.

– Hai scritto un’interessante presentazione del film “Il portiere di notte”. Cos’hai provato a vedere il film nella versione restaurata al festival e nell’incontrare Liliana Cavani?

Il portiere di notte è un film da brividi e ad ogni visione si offre allo sguardo in modo diverso, regalando dettagli inediti, sia nella cifra stilistica della regista che nella recitazione di Charlotte Rampling o Dirk Bogarde, qui veramente indimenticabili. È un’opera dolorosa ed è un dolore tangibile e profondo che si avverte in ogni immagine, in ogni inquadratura, e che – come ha raccontato la Cavani al Nightmare – nasce da storie vere di persone che portavano ancora nelle proprie anime terribili e inguaribili ferite; un dolore che dovrebbero provare direttamente coloro che hanno una visione scettica o che, addirittura, negano l’olocausto e quanto accaduto nei campi di concentramento.

– Che rapporto ha il Nightmare Film Fest con la città che lo ospita, Ravenna?

Il Nightmare è ben conosciuto a livello internazionale, ma solidamente radicato a Ravenna, una città che ogni anno partecipa con entusiasmo e grande affetto alle numerose iniziative del Fest e che è giustamente orgogliosa della creatura nata dalla professionalità e dalla passione di Franco Calandrini, il suo fondatore e motore principale.

– Tra i vari momenti del festival, c’è il festival premiere, dedicato alle anteprime in lingua originale. Quanto è importante ai nostri giorni guardare un film senza il filtro del doppiaggio?

Nonostante il riconosciuto altissimo livello professionale e artistico dei doppiatori italiani, soltanto seguendo un film nella sua lingua d’origine è possibile fruire l’opera cinematografica nella sua reale autenticità, poiché l’espressione verbale degli interpreti è parte integrante e fondamentale della prestazione attoriale e della visione genuina del regista. In Italia le proiezioni sul grande schermo in lingua originale sono abbastanza rare, quindi occasioni come quelle offerte dal Nightmare sono particolarmente preziose per i cinefili.

– Nel Nightmare ci sono due concorsi importanti, dedicati rispettivamente ai lungometraggi e ai corti. Cosa ne pensi dei vincitori di questa edizione?

Collaboro con il Nightmare Film Fest da diversi anni e ad ogni edizione, grazie alla certosina opera di selezione del direttore e dello staff del festival, ho potuto conoscere opere, sia tra i corti che tra i lungometraggi, che si sono distinte per originalità, forma e linguaggio. I vincitori di questa edizione sono molto validi. Skin, di Guy Nattiv, il corto che ha trionfato nella sua sezione, premiato con l’Oscar nel 2019, come raccontato dallo stesso regista, è un film contro l’odio e la violenza e descrive un percorso di redenzione scritto sulla pelle. Il vincitore del premio della critica è Les garçons sauvages, diretto da Bertrand Mandico, presentato in concorso alla 32ª Edizione della Settimana Internazionale della Critica. Questo film segna l’esordio nel lungometraggio del regista francese, dopo che ha confezionato meraviglie tra cortometraggi e mediometraggi, come Henry Darger Manhen, Montreur de Seins, Notre Dame des Hormones e Prehistoric Cabaret, per citarne alcuni. Mandico si muove attraverso un erotismo surreale e visionario, in cui la demarcazione tra i generi non è mai troppo netta, dando spazio a ossessioni e perversioni, fedele alla lezione del regista polacco Walerian Borowczyk. È una splendida opera visionaria e surreale. Nathan’s Kingdom, il vincitore dell’Anello d’oro (il premio del pubblico), diretto da Olicer Muñoz, è una ricerca emozionale in chiave fantastica. Un ragazzo affetto da autismo e sua sorella, interpretata da Madison Ford che è stata ospite del festival, compiono un viaggio verso “un’isola che non c’è”, un regno immaginifico dove superare le proprie paure e le difficoltà del vivere quotidiano, una continua metafora tra reale e immaginazione, dove la disabilità è affrontata dal regista scevra da qualsiasi pietismo e con grande sensibilità. Sono tre film estremamente diversi tra loro ma che rispecchiano l’anima del festival, il cinema nelle sue sfaccettature diamantine e uno sguardo rivolto al presente filmico e alle sue potenzialità.

Teresa Franco

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