Domiziano Cristopharo: “Vi racconto la mia carriera” VIDEO ESCLUSIVA

Domiziano ChristopharoDomiziano Cristopharo è un regista e performer italiano che si distingue per il suo modo di fare cinema. Diversità, emarginazione, orrore reale, dolore, sono i temi dei suoi film, a cui affianca la bellezza visiva delle immagini e colonne sonore accurate. Ma scopriamone di più direttamente da lui.

Ha iniziato a lavorare a teatro come truccatore, scenografo e costumista e poi al cinema, sempre come costumista. In molti apprezzano la qualità scenica dei suoi film quindi le chiedo se pensa che queste sue esperienze lavorative influiscano molto su i suoi film e quanto influisce invece il teatro in generale.

“Ho iniziato la mia carriera giovanissimo come costumista, scenografo e anche aiuto regia. Sono stato anche attore e cantante per un lunghissimo periodo. Tutte queste esperienze, di contorno a quella che è la mia attività, mi hanno sicuramente arricchito perché essere costumista su set o spettacoli teatrali di altri o scenografo o direttore della fotografia per serie televisive o attore stesso in degli spettacoli mi hanno portato a vedere l’ambiente cinematografico e teatrale attraverso gli occhi di tanti altri reparti, di tante altre figure, quindi ho potuto intanto migliorare la mia esperienza e acquisire una certa competenza su diverse fonti. Inoltre anche dagli errori di altri, da come si sono approcciati a me, ho imparato cosa fare e cosa non fare al momento in cui ho dovuto tenere un po’ io il timone di controllo di quello che è un film. Perché alla fine in un film un regista, come un direttore d’orchestra, è quello che guida tutto un insieme di diverse sfumature, di diverse sonorità. Sicuramente bisogna conoscerle un pochino da vicino, capire un po’ come funziona una tromba piuttosto che un pianoforte per poter avere anche la sensibilità di potercisi approcciare anche dal punto di vista di chi riceve indicazioni. Nascendo principalmente come attore, scenografo, costumista e truccatore di teatro chiaramente la base della mia formazione è principalmente teatrale. In alcuni film ho mantenuto un aspetto teatrale nell’approccio alla scrittura quindi alla recitazione e anche alla messa in scena. Su lavori più recenti ho optato per un taglio un pochino più realistico quindi non la camera statica ma la camera a mano, un tipo di recitazione molto più naturale e dei testi meno sontuosi, meno barocchi in un contesto di una messa in scena appunto totalmente non barocca.”

Molti la definiscono un regista horror, ma lei ha più volte affermato che nei suoi film mancano molti degli elementi cardine del genere. Lei come definisce i suoi film? 

“Vengo definito regista horror spesso e volentieri e assolutamente non la considero un’offesa, considerando che tra i registi horror abbiamo maestri come per esempio Mario Bava e Lucio Fulci. Si sono approcciati all’horror anche tantissimi registi che con l’horror non hanno effettivamente nulla a che fare, come per esempio Stanley Kubrick o se vogliamo di recente anche Lars Von Trier, quindi Fellini stesso con il suo Toby Dammit. L’horror è un genere dignitosissimo quindi mi fa piacere essere riconosciuto come come un regista horror. Io mi sono sempre definito non horror perché in realtà io faccio dei drammi, dei drammi molto molto violenti. Salò stesso di Pasolini viene a volte indicato come horror o addirittura come pornografia. Diciamo che c’è una necessità di dare delle etichette dal punto di vista della distribuzione o della critica per far capire meglio un genere. Io, ecco, non credo di fare l’horror per un semplice motivo: perché appunto l’horror è un linguaggio, è uno stile come per esempio la commedia. Per fare una commedia bisogna in qualche modo far ridere, suscitare il riso: ecco per fare un horror serve la suspense, servono i colpi di scena, servono insomma dei linguaggi cinematografici che io non uso nei miei film. Io non uso la suspense o il colpo di scena, ma racconto semplicemente dei fatti molto molto crudi che poi sono spesso ispirati da fatti di vita reale, da storie vere, da fatti di cronaca, quindi in qualche modo è una messa in scena di una realtà molto violenta che forse spaventa proprio perché è molto vicina a noi.”

Alcuni dei suoi film sono ispirati dai testi di grandi autori come Poe, Stevenson, Lovecraft e Shakespeare. Cosa accomuna queste scelte e cosa invece le ha permesso di esprimere temi ed emozioni diverse?

“Quando non sono fatti di cronaca a colpirmi e quindi da lì sento la necessità di sviluppare io, con gli sceneggiatori con cui lavoro, una sceneggiatura inedita, preferisco rifarmi a grandi autori del passato quindi, per esempio, abbiamo citato Stevenson, Lovecraft, Shakespeare e Poe. Personalmente è un po’ modo di andare sul sicuro avere una sceneggiatura tratta da racconti, romanzi o pièces teatrali di autori di questo livello e che ti permette comunque di sperimentare un linguaggio che è molto distante da quello che il tuo personale. Io quando scrivo una storia o quando chiedo una sceneggiatura chiaramente applico quelle che sono le mie conoscenze, le mie idee e i miei standard. Confrontandomi con standard totalmente diversi di grandi autori non posso che crescere e sperimentare dei modi di fare e di narrare nuovi.”

Lei ha anche esperienza come cantante e sappiamo che pone molta attenzione sulla scelta delle colonne sonore dei suoi film. Cosa valuta nella scelta della colonna sonora? 

“Si, io sono nato anche come cantante. Ho lavorato fino a 5 anni fa, girando un pochino tutti i più grandi teatri d’Italia per musical o per spettacoli dove era richiesta una performance canora. Mi sono formato come cantante pop, poi ho studiato lirica e da lì ho sviluppato un po’ di conoscenze nel campo della musica. La colonna sonora dei miei film è una scelta che faccio con molta attenzione, tant’è che per assurdo i miei film vincono molti più premi per la colonna sonora che per il film in sé stesso. Pensiamo per esempio al bellissimo lavoro che ha fatto Alexander Cimini in Dark Waves: il film ha collezionato più di 50 premi internazionali per la colonna sonora in giro per il mondo e questa cosa ci fa molto, molto piacere. Quello che scelgo in un musicista è innanzitutto un’affinità di pensiero con il film che si va a trattare. Anche se mi trovo benissimo con certi musicisti, ho citato per esempio Alexander Cimini ma potrei citare anche musicisti straordinari come Susan DiBona, Salvatore Sangiovanni o Antony Coia, non uso sempre gli stessi perché ognuno di loro ha una sua personalità spiccata, una sua visione musicale e quindi, nonostante la versatilità di questi autori, ci sono comunque dei film che richiedono un certo tipo di approccio piuttosto che un altro. Quindi la scelta in qualche modo me la suggerisce il film una volta montato, è il film che mi dice che servirebbe il tocco di… e da lì ci si lavora. Ultimamente sto collaborando, anche se in forma un pochino indiretta, con Fabio Frizzi proprio perché l’ultimo film fatto, Nightmare Symphony diretto insieme a Daniele Trani, è un omaggio a Lucio Fulci. Quindi Frizzi sta collaborando con noi nel senso che ci ha donato la composizione originale per il film di Fulci Un gatto nel cervello. Mi piacerebbe con lui in futuro sviluppare una collaborazione su temi totalmente originali per un film totalmente nuovo.”

Sappiamo che è un tipo molto riservato, ma c’è qualcosa del Domiziano Cristopharo privato che vorrebbe condividere con i nostri lettori?

“Si, sono riservato anche se in realtà così non sembra, date le mie attività sui social. In realtà quello che io condivido a livello sociale è la figura del regista; tutto quello che è il mio mondo, cosa faccio nel privato come con chi vado a cena, gli amici che frequento e dove vado in vacanza sono cose che preferisco tenere per me. In realtà, come penso molti, questa voce sulla mia riservatezza deriva dal fatto che spesso non amo molto parlare di me nelle interviste né mettere mie fotografie. Ma questa non è riservatezza, è che io faccio il regista e amo promuovere i miei film, quindi quando mi chiedono delle mie foto o di parlare di me per promuovere il mio ultimo lavoro lo trovo un po’ fuori luogo: capisco che oggi si mescolano molto il gossip con le notizie per attirare pubblico però io credo che la locandina del film se si parla dal mio ultimo lavoro sia molto più interessante che vedere il mio viso e che parlare di aneddoti legati al film sia più interessante che parlare di quali sono i miei interessi. Mi chiedete qualcosa di privato che potrei condividere: una delle mie più grandi passioni dopo il cinema è il cibo, passo il mio tempo volentieri a cena fuori se non al cinema.”

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