Shailene Woodley e il trauma dell’arresto

“Mi hanno fatto spogliare e mi hanno controllato ovunque. Da dietro, tra le natiche, inchinata. Hanno cercato droga nel mio culo! Quando ti ritrovi in una cella e chiudono la porta, ti rendi conto che nessuno può salvarti. Se scoppia un incendio e decidono di non aprire le porte, muori. Sei come un animale in gabbia”.

Ha raccontato questo l’attrice Shailene Woodley in un’intervista con il magazine Marie Claire, evidenziando che si è sentita come un animale in gabbia dopo essere stata arrestata lo scorso ottobre, quando ha fatto parte di un gruppo di dimostranti presso la Standing Rock del North Dakota, contro la costruzione dell’oleodotto Dakota Access Pipeline, minaccia per una tribù di Sioux e la qualità dell’acqua potabile per milioni di persone.

“Ho firmato un contratto… sono in libertà condizionata. Non posso fare niente” ha proseguito, spiegando come, dopo l’incidente, abbia deciso di trascorrere un periodo di isolamento e ha tenuto spento il cellulare per tre mesi: “Il trauma è stato pesante per tutti. Da parte mia, pensavo: “E ora che faccio? Era un po’ come cadere in depressione”.

Grazie alla protesta, i lavori furono interrotti durante il mandato di Barack Obama, ma con l’attuale presidente americano Donald Trump sono stati ripresi e la struttura diventerà operativa il prossimo giugno; mentre, al fine di evitare il carcere, la Woodley ha accettato di dichiararsi colpevole per il reato di turbamento della quiete pubblica, in cambio di un anno di libertà vigilata.

 

 

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