Cosa faceva Edwige Fenech sotto la luna d’agosto?

Da oltre due decenni rientrante tra le signore della produzione cinematografica e televisiva tricolore, la francese Edwige Fenech – come i seguaci irriducibili della Settima arte stracult (e non solo) ben sanno – è entrata nell’immaginario collettivo quando, tra gli anni Settanta e Ottanta, prese parte a non poche commedie sexy, generosamente dedita a svestirsi, di volta in volta, dei panni di insegnante, poliziotta, pretora e, addirittura, autista di taxi.

Nel suo lungo curriculum di attrice, però, non è costituito esclusivamente da prodotti “leggeri”, in quanto include anche diversi thriller, a cominciare dal 5 bambole per la luna d’agosto che, nel 1970, la vide diretta dal maestro dell’horror su celluloide Mario Bava.

Un titolo di cui il cineasta originario di Sanremo pare non andasse particolarmente fiero (lo considerava addirittura il suo lavoro peggiore), ma che, come per la maggior parte dei lungometraggi che diresse, rasenta perfino la genialità.

Chiaramente ispirato al classico della letteratura gialla Dieci piccoli indiani di Agatha Christie, il film mette in scena il creatore di una nuova resina sintetica che, invitato insieme alla moglie a trascorrere qualche giorno di vacanza nella villa di un industriale chimico su un isolotto deserto, prima si trova a dover rifiutare una cospicua offerta fattagli da quest’ultimo per avere la formula, poi ad essere una delle pedine nella sequela di uccisioni che colpiscono l’uno dopo l’altro gli ospiti del posto (tra cui, appunto, la Fenech).

Uccisioni in seguito a cui, però, non rimane alcuna traccia dei cadaveri, rendendo sempre più intrigante una oltre ora e venti di visione che, precedente all’ondata di italian thrilling argentiani che stava esplodendo proprio in quel momento, non presenta ancora, di conseguenza, omicidi descritti tramite raccapriccianti dettagli e violenza esagerata.

Oltre ora e venti di visione il cui ricco cast annovera, tra gli altri, William Berger, il Renato Rossini meglio conosciuto come Howard Ross e una Ira Furstenberg che, oltretutto, contribuisce ad aumentare il tasso di sottile erotismo nella sequenza in cui Maurice Poli si accinge a sbottonarle la camicetta.

Perché, complici, inoltre, i non troppo espliciti nudi della divina Edwige, è proprio il continuo ricorso al vedo e non vedo a rappresentare uno degli aspetti più affascinanti dell’operazione, impreziosita dalla ricca varietà cromatica che, grazie anche all’ottimo lavoro fotografico svolto da Antonio Rinaldi, ci permette tranquillamente di avvertire il gusto pop baviano già sfoggiato in 6 donne per l’assassino e Diabolik.

Fino all’inaspettata sorpresa finale di un cult dal sapore anticapitalista che, magnificamente musicato dal maestro Piero Umiliani, può essere recuperato su supporto dvd targato CG Entertainment (www.cgentertainment.it), corredato di schede biografiche di Berger, Bava e la Fenech nella sezione riservata ai contenuti speciali.

Francesco Lomuscio

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