Il maledetto “Il tempo dell’inizio” riscoperto in dvd

Il tempo dell'inizio

In quale incubo precipita un essere umano nel momento in cui viene privato della propria libertà?
Questo, senza alcun dubbio, è l’interrogativo cui, nell’ormai lontano 1974, il documentarista Luigi Di Gianni – laureato in filosofia che conseguì il diploma in regia presso il Centro sperimentale di cinematografia di Roma – tentò di rispondere tramite il suo primo lungometraggio di finzione: “Il tempo dell’inizio”, che gli consentì addirittura di aggiudicarsi il Nastro d’argento.
Con un ricco cast comprendente Rada Rassimov, Milena Vukotic, Claudio Volonté e Alessandro Haber, un atipico esempio di fanta-sociologia su celluloide che, immerso in kafkiane atmosfere in bianco e nero, pone al proprio centro la figura di David Lamda alias Sven Lasta, il quale, rinchiuso nella cella di un manicomio perché bollato come anti-sociale, arriva a confondere i sogni e la realtà.
Infatti, immagina una società repressiva dominata da un anziano chiamato “Capo” e affiancato da un “Vice satanico” e da una “Donna” nel mantenere il potere; mentre, sotto di loro, si trovano gli “Arrivisti” e, in basso, la plebaglia servile e corrotta.
Man mano che, complice l’apparizione di un “Profeta” portatore di un messaggio di speranza, prende forma un incubo senza soluzione di continuità atto non solo a dimostrare l’autodistruzione dell’essere umano, ma anche a rivelarsi una sorta di metafora-attacco nei confronti del totalitarismo sovietico del periodo staliniano.
Metafora che il cineasta – autentico outsider della Settima arte nostrana – porta sullo schermo ricorrendo ad una precisa e raffinata regia che, posta al servizio di un film unico nel linguaggio e nella capacità di risultare claustrofobico, anticipa, in un certo senso, la cifra stilistica della visionarietà di David Lynch.
È General Video a riscoprirlo su supporto dvd, corredato di sezione extra costituita da un’intervista di undici minuti al critico cinematografico Valerio Monacò.

Francesco Lomuscio

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