“La settima onda” di Massimo Bonetti presentato al Bif&st

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Il titolo è lo stesso di un thriller cui prese parte nel 1957 Tyrone Power, ma non ha nulla a che vedere con quel film di Richard Sale “La settima onda”, che, presentato presso l’edizione 2015 del Bif&st di Bari, segna il ritorno dietro la macchina da presa per Massimo Bonetti, attore visto in circa ottanta pellicole – da “Il trucido e lo sbirro” (1976) di Umberto Lenzi a “Nessuno si salva da solo” (2015) di Sergio Castellitto – e già autore di “Quando si diventa grandi” (2010).
Lo stesso Bonetti che si concede anche una breve apparizione nel ruolo di un medico nel corso della oltre ora e venti di visione il cui scenario d’ambientazione è un piccolo paese della Sicilia dove troviamo il Francesco Montanari della serie televisiva “Romanzo criminale” nei panni di Tanino, appassionato e sognatore giovane pescatore quotidianamente provato da piuttosto sfortunate vicende familiari e personali.
Giovane pescatore continuamente in contrasto con la volitiva e critica suocera Lavinia alias Imma Piro e che tenta in ogni modo di combattere le difficoltà di una esistenza umile affiancato dalla moglie Sara, interpretata da Valeria Solarino; mentre condivide, allo stesso tempo, una profonda amicizia con il collega di lavoro Vittorio, ovvero Antonino Iuorio, al quale è legato dall’infanzia e con cui vede subdolamente condizionate da un magnate del pesce le loro scelte ingenue e disperate.
Un inquietante leader cattivo, temuto nel posto, che si chiama Michele Manni e cui concede anima e corpo Toni Sperandeo, portato a manipolare le ambizioni dei due per tramutarle in atti temerari destinati a metterne a rischio le vite; man mano che i notiziari del piccolo schermo parlano di sfratti ed emergenza abitativa e che il protagonista fa conoscenza con il vecchio regista Saverio Monti, incarnato da Alessandro Haber ed al quale finisce per sentirsi legato a causa del comune amore nei confronti della Settima arte.
E, tra un omaggio in tv a “Il settimo sigillo” (1957) di Ingmar Bergman e citazioni verbali per “Stromboli, terra di Dio” (1950) di Roberto Rossellini ed “Edipo re” (1967) di Pier Paolo Pasolini, è proprio questo rapporto simil-padre-figlio che si sviluppa tra il ragazzo e l’uomo a rappresentare l’elemento più interessante dell’operazione, costruita su lenti ritmi narrativi volti ad accompagnare la solitudine che sembra trapelare da ciascun personaggio.
Una solitudine che è, in fin dei conti, l’esternazione del dolore e del dramma interiore di ognuno di essi, volta ad enfatizzare la triste atmosfera generale che, ulteriormente accentuata dalla colonna sonora di Pericle Odierna e, a suo modo, affascinante nel porsi in contrasto con la bellezza del paesaggio balneare che fa da scenografia, avrebbe solo meritato maggiore attenzione per quanto riguarda la fotografia non priva di difetti (che si devono, con ogni probabilità, alle ristrettezze di budget).

Francesco Lomuscio

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