‘NO. I giorni dell’Arcobaleno’, RECENSIONE – Anteprima

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NO, I giorni dell’arcobaleno, diretto dal regista cileno Pablo Larraìn è basato sull’opera teatrale The Referendum di Antonio Skarmeta. Il regista, al suo quarto lungometraggio dopo l’esordio del 2006 con Fuga e i successivi Tony Manero (2008) e Post Mortem del (2010), si è aggiudicato il premio della Quinzaine des Réalisateurs al Festival di Cannes 2012 e una candidatura agli Oscar 2013 come Miglior Film Straniero. La pellicola racconta le vicende umane e tutta quella serie di eventi e fasi mediatiche che hanno portato alla sconfitta del regime di Pinochet nel 1988, dopo un referendum per la presidenza convocato dal dittatore stesso a causa di forti pressioni internazionali.

I leader dell’opposizione decidono di convocare un giovane e brillante pubblicitario, Rene Saavedra (Gael Garcia Bernal ) per affidargli la loro campagna per il “NO”. Contro ogni pronostico e con risorse alquanto limitate, Saavedra escogita un piano per vincere le elezioni e rendere il Cile finalmente libero dalla dittatura. Per la prima volta nella storia del Cile, ai due partiti dell’opposizione viene concessa una disponibilità di tempo di 15 minuti, in un arco di tempo di 27 giorni, per mostrare la propria campagna in tv. Lo schivo e anticonformista René, sembrerebbe avere le idee chiare riguardo il tipo di campagna da effettuare nonostante le sue idee gli provochino degli iniziali attriti con i suoi collaboratori: lui non vuole affatto mostrare direttamente l’orrore della dittatura di Pinochet, puntando più decisamente ad una originale rielaborazione delle regole dell’immaginario pubblicitario dell’epoca, per applicarle alla campagna del “NO”. L’orrore e la violenza lasciano quindi il posto a immagini che esaltano un estetica più “cool “ e di matrice nord-americana, come gli spot della coca-cola, e a messaggi che parlano di vita, gioia e speranza per il futuro e non più di morte. Le scelte di René porteranno ad una sofferta, contrastata e non facile vittoria dei NO con il 54-55% dei voti ed il pubblicitario, una volta ottenuto il risultato sperato, tornerà a promuovere telenovelas per il suo paese.

Del film si apprezzano le scelte stilistiche sperimentali del regista, come quella di utilizzare, per la maggior parte delle riprese, una telecamera dell’epoca. La brillante idea di girare il film in 4/3 con il sistema U-Matic (formato della Sony nato nel 1971 ed utilizzato nelle tv degli anni 80’), dona al film una dimensione ed una fotografia del tutto singolare. Le immagini cinematografiche si sposano alla perfezione con quelle di repertorio e i spot televisivi dell’epoca, dando l’impressione di trovarsi effettivamente negli anni 80’. Anche la caratterizzazione dei personaggi principali del film risulta assai riuscita. Senza insistere troppo sulla storia, il regista incrocia sapientemente le vicende umane e familiari del protagonista (un figlio da gestire, una ex-moglie dissidente politica, spesso carcerata e torturata, che vede di rado e che lo critica, ma che sembra volergli ancora bene, poi un passato in Messico, uno skateboard, ed il suo bagaglio culturale da creativo pubblicitario) con la ricostruzione di tutte le fasi d’ideazione della campagna del No, unitamente alle sconcertanti reazioni oppressive e intimidatorie dello staff di Pinochet, ostile alla campagna ed alle innovative idee cariche di speranza per il futuro, del talentuoso Saavedra. Anche se la storia ha dimostrato che accettare la battaglia politica dei “15 minuti al giorno” per la coalizione di centrosinistra di Patricio Alwyn fu la cosa più giusta da fare, tuttavia, il come si arrivò a quella vittoria, rimane un argomento spinoso che genera ancora oggi molte domande e discussioni. Il regista Pablo Larraín non manca di sottolineare alcune contraddizioni “ideologiche” che la vittoria dei No rischiarono di cancellare, contraddizioni che si leggono nel volto e negli occhi dell’empatico protagonista René, la cui scarsa felicità finale non deve farci dimenticare che a vincere non fu solamente la visione di un futuro migliore ma l’idea di un Paese che in molti contestavano. E sarà proprio il modello economico del neoliberismo cileno di Pinochet (figlio della scuola economica reaganiana di Chicago), ad essere astutamente utilizzato contro Pinochet stesso da Saavedra per impostare la sua campagna pubblicitaria, ma il film di Larraine, è capace anche di “alzare il tiro” e, aldilà delle tematiche e delle vicende politiche e personali dei personaggi del film, getta un inquietante luce sugli ambigui meccanismi che le proposte e le promesse politiche innescano nelle persone (come quella politica che decretò la vittoria di Allende nel 1973), spostando inoltre l’asse dell’attenzione sul binomio pubblicità/capitalismo. La campagna pubblicitaria ideata da Saavedra è carica di una serie di simboli ed obbiettivi che sono solo una parte integrante di una strategia di comunicazione che, in realtà, tende a nascondere il futuro del paese. E la campagna per il “NO” non è altro che il primo passo verso il consolidamento del capitalismo come unico sistema possibile in Cile e, come suggerisce lo stesso Larraín : << Non è una metafora: è il capitalismo, vero e proprio, prodotto della pubblicità, applicata alla politica >>.

Maurizio Ragazzi

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