Saggi: Al cinema con Mussolini. Film e Regime 1929-1939

Al cinema con Mussolini. Film e Regime 1929-1939.
di Marco Salotti
Edizioni Le Mani, finito di stampare nel mese di settembre 2011
pp 260, 20 Euro
Forse oggi suona strano ricordarlo, ma il primo mezzo di comunicazione per eccellenza della prima età delle masse è stato il cinema, precursore della televisione che lo ha soppiantato nel secondo dopoguerra. Lo sapevano bene i regimi e le dittature degli inizi del ‘900. Lo sapeva benissimo Benito Mussolini, che con il cinema ebbe un rapporto importante e più complesso di quanto si possa pensare. È proprio di questo rapporto, del rapporto tra Mussolini, dunque tra fascismo e cinema, che si occupa Marco Salotti nel suo Al cinema con Mussolini.
Film e regime 1929-1939. Il cinema italiano diventa sonoro in pieno regime, – lo sottolinea Dino Cofrancesco nella sua introduzione al libro, dettaglio non trascurabile e, con il senno di poi, dal valore quasi simbolico. Rapporto controverso, multiforme, quello tra il cinema italiano e il regime: tra direttive governative e logiche d’impresa, strutture bancarie e industriali, ambizioni di una classe dirigente “ (…) che attraverso l’arma più forte, avrebbe voluto, finalmente, fare gli Italiani come anzitempo aveva auspicato Massimo D’Azeglio.”

Proprio il fare gli Italiani dazegliano è uno dei fulcri della ricerca e della ricostruzione di Salotti, che nel suo libro dà molto rilievo a quest’aspetto del fascismo e del suo legame con la settima arte: la volontà di ricomporre e in molti casi di creare quasi ex novo, un’identità sociale e culturale lacerata se non addirittura inesistente. Attraverso l’analisi e la ricostruzione delle varie fasi del cinema fascista, – il primo periodo della Cines di Pittaluga, l’era “d’oro” e brevissima di Cecchi, quella di Freddi e dunque di Ciano, fino alla fondazione di Cinecittà e all’applicazione del Decreto Alfieri del 1938 –, Salotti recupera un decennio di film, da La canzone dell’amore del 1930 a L’assedio di Alcazar del 1940: il tentativo di rincorrere e afferrare un ethos nazionale – o forse si trattava del tentativo di crearlo –, anti-borghese, anti-neutrale, rivoluzionario e populista, collettivo e guerriero, passa per Gli uomini che mascalzoni ( 1932) così come per Acciaio (1933), in un percorso eterogeneo meno schizoide di quanto possa sembrare gettando una rapida occhiata ai titoli dei film e al loro ordine, che non è tanto cronologico quanto logico-associativo.

Se è vero che le sorridenti commedie di Camerini sono tutte “dalla parte dell’italianità popolare, contro il birignao e la futilità autoreferenziale dell’alta borghesia salottiera e dell’aristocrazia cosmopolita”, Salotti arriva a dire che non è Camerini ad essere fascista, ma “ (…) è il Fascismo a diventare talvolta cameriniano.” Come se la vera fascistizzazione delle masse non fosse avvenuta tanto nell’ambito della messa in scena, che pure nelle sue molteplici forse dava libero sfogo alla propaganda e al disegno di nazionalizzazione e popolarizzazione fascista. La vera nazionalizzazione era avvenuta, o perlomeno era questo che si stava cercando di fare, attraverso le strutture istituzionali come Cinecittà, ENIC, LUCE, Centro Sperimentale e Mostra del Cinema di Venezia, che mettevano in gioco non tanto la qualità degli spettacoli o la necessità di usare registi e sceneggiatori per un progetto forzatamente educativo, ma rappresentavano le vere risorse di potere del regime.

Dall’autonomia di Camerini alla militanza di Blasetti, tutto contribuiva alla trasformazione dell’Italia in società di massa, e alla rielaborazione/ creazione di un immaginario a tratti, soprattutto se letto e visto con il senno di poi, ingenuamente altalenante tra propaganda esplicita e disimpegno, teso all’ecumenizzazione (paradossale) di una dittatura che, come tutte le dittature, aveva e voleva le sue radici nello spirito e nell’epos nazionale ( e popolare).

Il volume di Salotti sceglie, significativamente, di percorrere un solo decennio cinematografico del ventennio; quello più controverso, a tratti inquietante, che si ferma alla soglia dell’entrata in guerra dell’Italia. Analisi dettagliata ma non pedante, snella e scorrevole nella suddivisione in schede dei 47 film presi in considerazione, Al cinema con Mussolini è un tassello utile e onesto nell’analisi storica di un periodo controverso della nostra cinematografia e della nostra identità. Forse una sezione di immagini e fotogrammi più ricca, data anche la non poca difficoltà a reperire e vedere molti dei film citati nell’opera, sarebbe risultata più efficace.

Indice

Leggendo Marco Salotti con lo sguardo rivolto a Sabino Cassese di Dino Cofrancesco
Introduzione
La canzone dell’amore (1930)
Resurrectio (1931)
Nerone (1930)
Terra madre (1931)
La segretaria privata (1931)
La telefonista ( 1931)
Gli uomini che mascalzoni (1932)
La tavola dei poveri (1932)
O la borsa o la vita (1932)
Treno popolare (1933)
Palio (1932)
Acciaio (1933)
1860 (1934)
La cieca di Sorrento (1934)
Re burlone ( 1935)
Il dotor Antonio (1937)
Vecchia guardia (1935)
Camicia nera (1933)
Aria di paese (1933)
Il cappello a tre punte (1934)
Come le foglie (1934)
Aldebaran (1935)
Casta diva (1935)
Passaporto rosso (1935)
Le scarpe al sole (1935)
Darò un milione (1935)
Squadrone bianco (1936)
Il grande appello (1936)
Cavalleria (1936)
Il Signor Max (1937)
Giallo (1933)
Joe il Rosso (1936)
Amazzoni bianche (1936)
Condottieri (1937)
Solo per te (1938)
Scipione l’Africano (1937)
Luciano Serra Pilota (1938)
Ettore Fieramosca (1938)
Un’avventura di Salvator Rosa (1939)
Mille lire al mese (1939)
Dora Nelson (1939)
Batticuore (1939)
Grandi magazzini (1939)
Imputato alzatevi! (1939)
Animali pazzi (1939)
Abuna Messias (1939)
L’assedio di Alcazar (1940)
Bibliografia
Indice dei nomi e dei film

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