Intervista esclusiva a Matteo Muzi: ai nostri microfoni il regista di ‘Placebo’

Come si pone un giovane regista di fronte alle difficoltà produttive del nostro paese?
Con tanta voglia di mettermi in gioco e di rischiare, sono le basi di chi vuole fare cinema, sono del parere che nessuno ci viene a cercare a casa, devi saper dimostrare che vali qualcosa, che hai talento, e passione. Le difficoltà produttive ci sono sempre state, ora più che negli anni passati, ma io credo che bisogna riuscire a trovare le persone giuste che credano nel tuo lavoro e soprattutto in te, come persona, ce ne sono pochi e vanno scovati, il più delle volte sono le occasioni e le circostanze che te lo permettono, il caso e la fortuna giocano molto bene in questo settore. Io personalmente sono consapevole che le difficoltà ci sono, che esistono, ma tuttavia non voglio darmi per vinto altrimenti non otterrò mai nulla di quello che sogno da sempre di poter realizzare. Dunque bisogna non demordere e continuare a insistere a far sapere che “Noi” ci siamo.

Cosa ti ha spinto a provare la strada in questo mondo così difficile?
Da quando ho iniziato a frequentare l’Accademia di cinema è maturata sempre di più in me la voglia di creare qualcosa, di realizzare delle idee che avevo dentro di me inconsciamente. L’ambiente che ho frequentato mi ha stimolato sempre di più a mettermi in gioco, a conoscere persone importanti, a credere nelle mie potenzialità. Fondamentalmente è quello che da sempre ho voluto fare e che con molta difficoltà voglio continuare a fare.

Quale cinema prediligi? Cosa ti piace?
Prediligo il cinema di genere, mi piace il thriller e l’horror, la fantasia e il mistero, mi ha sempre attratto questo genere cinematografico, le atmosfere cupe, la suspance, la tensione, la paura, il ribrezzo, il gusto dell’orrido fanno parte di una cultura che mi affascina, che mi fa provare delle forti emozioni quando guardo i film, non a caso amo girare cortometraggi di questo genere creando storie cariche di adrenalina.

Raccontaci chi è Matteo Muzi
Matteo Muzi è un giovane filmmaker di 22 anni che aspira ad affermarsi come regista e sceneggiatore. Due aspirazioni quasi irraggiungibili ma possibili. Matteo è un ragazzo che in questi suoi giovani anni vuole fare tantissima esperienza, confrontarsi con tantissime persone, dimostrare il suo talento e la forza di volontà che mette in tutto ciò che fa. Tuttavia ama cimentarsi in tutto quello che ha a che fare con il cinema e anche la televisione, soprattutto nel settore tecnico, egli crede nell’unità, nella forza del gruppo, nell’unione delle vari arti. E’ un ragazzo umile e timido, che ha ancora tanta strada da fare e molto da imparare.

Ci racconti il tuo ultimo lavoro?
Il mio ultimo lavoro, “Placebo” è un cortometraggio di 12 minuti c.a di genere Thriller Psicologico, e narra la storia di un ragazzo affetto da una malattia rarissima chiamata Ittiosi (sindrome di arlecchino), la pelle del ragazzo è secca e increspata ed è costretto ad idratarla da alcune creme. La sua vita fatta di solitudine, igiene e isolamento viene sconvolta dall’arrivo di una ragazza, Stephanie, che lo cambierà totalmente. Egli sarà sempre più attratto dal bizzarro lavoro della ragazza, la quale crema i corpi dei cadaveri nel suo appartamento all’interno del suo forno a legna. Il cortometraggio è stato girato in un tempo record di tre giorni e con un budget molto basso, quasi inesistente. Tuttavia l’impatto con il pubblico e con i professionisti del settore fin ora sembra entusiasmante. La presentazione ufficiale è stata svolta il 18 Febbraio 2012 in onore del Gold Elephant World presso la favolosa città di Catania. La risposta del pubblico e degli ospiti invitati è stata più che positiva.

L’horror italiano è morto?
L’horror italiano è in forte declino, ma non è morto. La realtà è che l’horror girato in Italia e soprattutto in “modo italiano” non piace più al pubblico. L’america ci sta sovrastando, i film di maggior successo horror sono stranieri, americani, e la gente vuole vedere un horror americano al cinema. E’ una crisi che aumenta, che porterà alla scomparsa forse dell’horror italiano, purtroppo è una questione di business commerciale. Il film esce al cinema se può piacere al pubblico, io personalmente ho un tipo di regia che si rifà molto al cinema americano, il mio stile registico è tipicamente americano, ma non sono comunque daccordo a far naufragare l’horror italiano. Voglio essere speranzoso e ottimista, c’è ancora qualcuno che crede nell’horror all’italiana, non può morire o eclissarsi definitivamente.

Matteo Fantozzi

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