Cine-Saggio: la Saga come genere

CINE SAGGIO SAGA – C’era una volta nel bel mondo del cinema horror la volontà di alcuni signori  (John Carpenter, Wes Craven, Sean Cunningham, Tobe Hopper, Sam Raimi solo per citare i più prestigiosi) di dar vita nell’immaginario collettivo a  personaggi crudeli destinati a diventare delle leggende, grazie a  una serie di film che gli studiosi avrebbero successivamente definito “saga”. Nacquero così, chi prima chi dopo, Pinhead, Jason Voorhees, Freddy Kruger, Micheal Myers, Letherface, Ash e tanti altri. L’ intenzione di questi uomini era quella di lanciare la saga per poi lasciare nelle mani di altri giovani registi il compito di far crescere questi mostri-eroi da loro creati. Questo obiettivo poteva si conciliare precisi interessi commerciali ma aveva come primo scopo quello di dare continuità alla vita di questi personaggi rendendoli delle leggende. Era quindi per loro uno scopo autoriale. Ma il cinema però negli anni è mutato e le case di produzione si sono sempre più fatte dei luoghi dove si ragiona solo nell’indirizzo del ”Dio denaro” ed è questo che ha portato alla ribaltà dei signori che poi tanto bravi forse non erano. Sono venuti fuori i vari Rob Zombie, Alexander Aja, Marcus Nispel, Jonathan Liebesman e soci. Ed è così che l’idea di quei signori, che del genere hanno fatto la storia, è diventata uno spunto per fare dei soldi ai giorni d’oggi con film abbastanza mediocri ma che mandano al cinema soprattutto i giovani che i veri capolavori li hanno potuti gustare solo in home-video. E quanta voglia c’è per un amante del genere di andare al cinema se fanno il remake de “Le colline hanno gli occhi” anche se il regista è il mediocre Aja capace di stupire solo Wes Craven (e forse sua madre) con la realizzazione del precedente “Alta Tensione”.

Remake, Sequel, Prequel e addirittura Newquel questi sono i nostri principali nemici. Il “Remake” è il rifacimento di un film esistente, può essere più o meno fedele all’originale. Il “Sequel” è un film che presenta dei personaggi e/o degli eventi cronologicamente posteriori a quelle già apparse in un precedente episodio.

Il “Prequel” indica un film che presenta dei personaggi e/o degli eventi cronologicamente antecedenti all’ambientazione di un altro lavoro precedentemente girato.

Il “Newquel” è un esperimento cinematografico in cui tutti i personaggi di un film precedente sono spostati nell’era attuale.

Forse il peccato originale ,se così lo vogliamo chiamare, è da far risalire quando con un’opera ben compiuta il signor Gus Van Sant ha deciso di rifare un capolavoro del cinema Psycho di Hitchock.

Leggenda vuole che lo stesso Hitchock volesse girare il suo “Psycho” a colori, limitando il bianco e nero ai quarantacinque secondi dell’omicidio sotto la doccia. La replica fatta poi molti anni dopo da Van Sant non è una replica nel senso di un pittore dilettante che ricopia un capolavoro ,ma piuttosto, nel senso pop potrebbe essere stato fatto dallo stesso Hitchock e collocarsi a suo agio tra “Intrigo internazionale” e “Gli uccelli”. Infatti non si limita a rispettare alla lettera situazioni e personaggi ma è un ricalco dell’originale inquadratura per inquadratura.

Ma partiamo dall’origine. 1980 “Venerdi 13” con regia di Sean Cunningham esce nelle sale. Qualche anno prima lo stesso Cunningham e il suo amico Steve Miller comprarono uno spazio su Variety il 4 luglio e pubblicarono un annuncio in cui la roboante scritta “Venerdi 13”, composta da acqua che si infrange su un vetro, era completata dal sottotitolo “Dai produttori dell’Ultima casa a sinistra, Venerdi 13, il più terrificante film mai realizzato!”. La cosa interessante è che fino a quel giorno non era stato realizzato ancora il soggetto. Anni più tardi fu sempre di Cunningham l’ammissione che il film non nascesse da chissà quale sorta di ispirazione ma dall’esigenza e dal desiderio di sfamare la propria famiglia.

Un luogo isolato, il campo estivo, un evento spaventoso successo prima dell’avvento dei ragazzi, l’annegamento di Jason ed un gruppo di ragazzi ben spaventati e pronti a morire uno dopo l’altro. Come si può facilmente evincere di fondo l’esigenza era la stessa che c’era oggi, cioè un  esigenza puramente a sfondo economico, ma da quella che banalmente è la fonte di vita di tutti si arrivò a realizzare un film che sostanzialmente cambiò la storia e la tendenza di un genere.

“Venerdi 13” anche se successivo al primo Halloween di Carpenter e a quel gioiello di “Non aprite quella porta” di Hooper segna l’inizio di quella che è la volontà di creare personaggio che costruiscano una leggenda, che diventino più famosi del titolo stesso del film, che insomma facciano nascere delle tendenze.

Jason è nato Venerdi 13 Giugno 1946, figlio di Pamela e Elias Voorhees. Mentalmente ritardato e deforme fisicamente, quando i genitori decidono di separarsi va a vivere con la madre, cuoca al Crystal Lake Camp.

Un giorno qualsiasi, con la mamma distratta e gli animatori occupati a fare baldoria Jason, da sempre vittima degli scherzi crudeli dei suoi compagni, viene gettato nel lago del campeggio e muore. Da allora, ogni qual volta il campo viene riaperto si risveglia la sua follia omicida. E se mentre nel primo episodio, accecata dalla rabbia per l’accaduto, è la madre a compiere ogni tipo di omicidio. Jason si risveglia proprio alla fine del primo capitolo per compiere di persona la propria vendetta. E’ vestito   con una camicia a quadri, dei jeans e, dal terzo capitolo in poi, una maschera da Hockey, nel secondo indossa un sacco di juta intrecciata.

Il personaggio poi subisce numerose modifiche nel corso della serie. All’inizio è solo un uomo che vive isolato nella foresta di Crystal Lake e uccide chiunque violi il suo territorio ma dopo la sua morte viene accidentalmente riportato in vita sotto forma di zombie (Jason vive) diventando poi un vero e proprio demone (Jason va all’inferno).

Mai visto in faccia da nessuno nel diramarsi di tutta la saga questo permette alla produzione anche di creare un personaggio sostanzialmente senza averlo, senza avere l’obbligo della star. Così avremmo nel primo capitolo Ari Lehman, nel secondo Warrington Gillette, nel terzo Richard Brooker, nel quarto Ted White, nel quinto

C.J. Graham e, cambiando tendenza forse trovando compatibilità con un attore finalmente, per tutti i restanti capitolo Kane Hodder.

1984, alla fine solo qualche anno dopo ma in sostanza quasi mezzo decennio dopo, esce nelle sale un film che avrà una sorte molto simile al capolavoro di Cunningham “Nightmare: dal profondo della notte” di un regista che aveva collaborato con lo stesso (suo produttore in “L’ultima casa a sinistra”)… Wes Craven.

Trampolino di lancio per molti attori, tra gli altri prima apparizione per un giovane e sbarbato Jonnhy Depp sul grande schermo, il film diviene un vero e proprio cult degli anni 80 e di quelli a seguire. Narra le vicende di Freddy Kruger pluriomicida che pur defunto torna nei sogni, nightmares appunto, ad uccidere. Freddy nasce nel Maggio del 1932 da Suora Mary Melena. Mary nutre seri dubbi se tenere il bimbo o meno in quanto concepito in seguito a uno stupro in un sanatorio da un gruppo di malati mentali.

Alla fine decide di tenerlo affidandolo alla nascita. L’infanzia di Freddy non è delle più fortunate cresce infatti sotto le torture del sadico patrigno rigettando tutta la sua frustrazione su piccoli animali. A diciannove anni arriva la svolta infatti uccide il padre con un rasoio liberandosi da quel nemico tanto cattivo che aveva turbato la sua giovinezza. Intanto si sposa con una ragazza incontrata di nome Loretta insieme alla quale mette alla luce Maggie, nel frattempo però le sue frustrazioni (dietro una vita apparentemente normale) sono solo celate. Infatti Freddy commette atroci delitti sui bambini, nascondendo i cadaveri nel locale delle caldaie del liceo di Springwood. Scoperto da Loretta “il nostro” la uccide sotto gli occhi della figlia. Condannato dalla legge per una serie di coincidenza riesce a sfuggirne per poi ricadere sotto le mani degli “affamati” genitori delle vittime che lo catturano e lo bruciano vivo, commetteranno l’errore più grande. Nel 1984 alcuni bambini iniziano a morire nel sonno e sarà il “Buono” di turno a far uscire dal sogno Freddy (nei primi capitoli la stessa figlia Maggie) portarlo nella realtà e ucciderlo; ma Freddy continuerà a vivere.
Sicuramente più forti della morte questa è la caratteristica che accomuna Freddy e Jason e tutti i loro “colleghi”. Più forti di tutto tanto da diventare delle vere e proprie leggende, dei personaggi…tanto che il loro nome risuona più del titolo del film stesso.

Particolare forse Freddy rispetto agli altri anche perché dotato di parola e di un volto, Robert Englund, quindi di una personalità. Questo a differenza degli altri lo rende più cattivo, più vero, ma comunque anche lui rimane una leggenda, un Highlander.

La volontà era questa: creare un personaggio; renderlo invincibile e terribile; sperare che entri nell’immaginario. Con Freddy è stata importante anche la volontà di Wes Craven che per il ruolo voleva un attore non troppo celebre ma che col suo sguardo poteva incantare il pubblico. Scelta ricaduta su Robert Englund già alle prese in passato con l’horror nello splendido “Quel motel vicino alla palude” di Tobe Hopper.

Prigione o Paradiso quello che “chiude” la carriera di Englund deliziato da un tale successo ma chiuso dalla sua figura…”Lui è Freddy Kruger e basta!”

Dimostra una maturità incredibile fin dal primo capitolo, dando man mano nei vari capitoli allo spettatore la possibilità di conoscere il personaggio che ha addirittura in questo caso una sua filastrocca:

 

 

“L’uomo nero non è morto

ha gli artigli come un corvo

fa paura la sua voce

prendi subito la croce

apri gli occhi resta sveglia non dormire questa notte..”

 

Il cinema poi è inevitabilmente cambiato quasi due decenni dopo per rinunciare a quella sua aura di unicità in favore di uno più stretto bisogno economico. La saga di Nightmare segna nel 94, un po’ in anticipo rispetto al filone di devasto che arriverà solo dopo, l’uscita del suo ultimo capitolo. Assolutamente commerciale la storia vede recitare addirittura lo stesso Wes Craven nella parte indovinate un po’ di se stesso.

La diegesi entra direttamente nella realtà e ci ritroviamo di fronte alla vita “reale” degli attori che avevano recitato nel primo capitolo della saga, l’unico oltre a questo firmato da Craven, le loro vite iniziano ad essere minate quando il regista li richiama per girare un nuovo capito e Freddy invade la vita “reale”. Niente da dire sulla regia ma la storia appare abbastanza patetica, abbastanza insistita e inutile. A tratti ci sembra di trovarci dentro un film che già si sa come va a finire e molte idee o risoluzioni sono facilmente intuibili. Non sapendo però quello che sarebbe successo a dieci anni di successo a due miti come Freddy e Jason questo film può essere anche dato come passabile.

Nel 2003 il genere horror subisce, senza esagerare, un umiliazione. Esce nelle sale

un film che non si degna delle regole del cinema e che mette a confronto i due miti…esce Freddy vs Jason. Freddy Kruger è ormai stato dimenticato a Springwood e i suoi poteri di intervento nei sogni iniziano a vacillare, perché ovviamente se il “nostro” non viene più sognato cade nel dimenticatoio. Qui l’idea più che geniale, paradossale e inutile di far entrare Freddy nei sogni di Jason (cosa c’entra ?!?) e assumendo le sembianze della madre, ordinargli di assassinare tutti i restanti abitanti di Elm Street. Visto il successo commerciale che ottiene questo film viene recuperata una pellicola uscita negli States 5 anni prima e considerata immatura per L’Europa:

Jason X. Film mediocre e visibilmente datato riesce comunque a ottenere un mediocre successo al botteghino. Questo è il riassunto di quello che è il cinema horror ora in Europa: un mezzo commerciale. Che fine hanno fatto gli autori? Si sono perse le tracce perché comunque sembra che anche chi questo genere l’ha fondato sia più interessato ai soldi che a concetti morali. Facciamo un esempio sempre parlando di Wes Craven. “Le colline hanno gli occhi” 1977 è un film che sicuramente ha fatto la storia del cinema horror e risulta raccapricciante che lo stesso Craven si metta in società con tale Alexander Aja per girare due remake sia del primo capitolo che del secondo. Stupisce anche il fatto che gente come lo stesso Craven ma anche Tarantino investano parte del loro patrimonio in registi che comunque alla prima pellicola hanno assolutamente deluso. Alexander Aja prima di lavorare col maestro si era disimpegnato in un film che a quanto detto dai trailer doveva essere al livello di “Seven” di David Fincher: “Alta Tensione”. Film inconcludente che per tutto il diramarsi della sua narrazione non si capisce dove vada a parare per poi stupire alla fine ma per quanto la soluzione a tutti i problemi sia assolutamente demenziale e patetica. Eli Roth, figlioccio di Tarantino, prima di ottenere la produzione dei due capitoli di ”Hostel” gira un film che stupisce il regista di “Pulp fiction” il raccapricciante “Cabin Fever”.
Tutto quello che in questo momento ci viene da chiedere è cosa stia succedendo e perché non ci sono assolutamente idee. In tutta questa nebbia uno spiraglio da luce è dato da un regista che proprio un uomo del mestiere non è ma che ha iniziato la sua carriera nel rock più puro Rob Zombie. Non giustifichiamo assolutamente il fatto che comunque le sue tre opere siano comunque se non dei remake delle pellicole con forti legami con capolavori passati, e questo evidenzia ancora una sporadica presenza di idee. Ma vogliamo premiare quello che senza dubbio al momento è il regista con più fantasia e che più rende quell’aura di terrore ormai persa. Il primo film di questo regista non è un remake e si intitola “La casa dei mille corpi”. Due giovani coppie stanno percorrendo in auto un viaggio all’insegna dell’avventura e dell’ignoto: nella loro testa non c’è infatti una meta precisa, il loro unico fine è quello di spingersi verso luoghi sperduti a caccia di quelle storie misteriose e da brivido che solo in questi posti possono trovare una giusta collocazione. Trovandosi con il serbatoio della benzina vuoto, sono costretti ad effettuare una sosta presso la più vicina stazione di rifornimento, ma ciò che troveranno andrà oltre le loro aspettativa. Una sorta di piccolo Luna Park degli orrori circondato dal nulla si staglia dinnanzi ai loro occhi, un’accozzaglia di squallidi neon colorati, un luogo assurdo, grottesco ma allo stesso tempo affascinante; esattamente come il suo inquietante gestore, Captain Spaulding, un viscido individuo vestito da clown.
Orribili feticci, maschere di celebri mostri del cinema, persino un vero e proprio tunnel dell’orrore (il Murder Ride), dove vengono rappresentati alcuni dei più efferati serial killer della storia. Uno di questi in particolare attrae la loro morbosa attenzione : il dottor Satana. Un folle chirurgo vissuto diversi anni fà, che effettuava degli orribili esperimenti servendosi di malati di mente come cavie umane. Le sue aberranti pratiche scatenarono l’ira della gente del luogo, che catturò il dottore e lo impiccò ad un albero, situato poco distante dal locale di Spaulding, il giorno dopo nessuno trovò più il suo cadavere. Occasione imperdibile perchè i ragazzi possano lasciarsela sfuggire, devono assolutamente vedere quel luogo maledetto.. Sorprende da subito il fatto che un uomo non propriamente di cinema riesca a fare molto meglio di tantissimi “ragazzini” che sono tanto apprezzati dai nostri amati maestri. Lo stesso musicista dichiarò, anticipandone l’uscita, che “La casa dei mille corpi” sarebbe stato un omaggio all’horror di una volta, quello rozzo e crudo.

Il volere proprio di rendere omaggio in un certo senso giustifica l’assenza di idee narrative perché comunque il regista se le gioca bene le sue carte in fase di regia. Sorprendente quindi questo esordio alla regia come lo è pure il sequel di questo film “La casa del Diavolo”. Questo titolo ci offre un altro interessante spunto e cioè quanto le case di produzione in Italia si diveratano sul fattore commerciale. “La casa del Diavolo” seguito di un’altra  “casa” quella dei mille corpi per attirare subito l’attenzione infatti sarebbe stato un rischio tradurre alla lettera il titolo originale “The devil’s reject” (i reietti del diavolo). Film di successo senza dubbio al botteghino anche questo soprattutto per un uso nuovo e rivoluzionario del così detto FREZEE FRAME. L’ambiente di questa per ora ancora mancata trilogia è sicuramente molto vicino a uno dei massimi capolavori del cinema di genere e cioè “Non aprite quella porta” 1974 Tobe Hopper. Capolavoro velato da un filtro da storia-vera quello di Hopper nell’ultimo decennio ha subito molte deturpazioni. Un remake “Non aprite quella porta” con addirittura Jessica Biel, uscita direttamente da “Settimo Cielo”, nei panni della bella innocente. E addirittura un Prequel, visto credo da pochissima gente, “Non aprite quella porta: L’inizio” con un sottotitolo raccapricciante ma che più che spaventare sinceramente fa ridere “Assisterai alla nascita del terrore”.

Abbiamo evinto che insomma oggi idee non ce ne sono e per questo ci si adagia su un passato più certo del futuro. Abbiamo pure capito però che c’è modo e modo di riutilizzare il passato. C’è chi come Zombie omaggia, si copia, si non ha idee ma comunque è pare più interessato all’aspetto della regia che della diegesi e alla fine se il risultato è un film gradevole e anzi spesso trascinante poco ci importa che comunque la trama sia un continuo omaggio; c’è chi invece come Aja o Nispel che deturpa e anzi si serve di un risultato vincente per ottenere una vittoria facile facile.

Il cinema horror comunque si avvia verso un baratro che solo qualche giovanotto con idee pure e con voglia di fare lo rilanci. Rob siamo con te!

Matteo Fantozzi

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