CINEMA D’AUTORE IN DVD AMICI MIEI ATTO III –
Nazione: Italia
Regia: Nanni Loy
Soggetto: Leonardo Benvenuti; Piero De Bernardi; Tullio Pinelli
Sceneggiatura: Leonardo Benvenuti; Piero De Bernardi; Tullio Pinelli; Nanni Loy
Musica: Carlo Rustichelli; Paolo Rustichelli
Cast: Ugo Tognazzi; Renzo Montagnani; Gastone Moschin; Adolfo Celi; Bernard Blier; Franca Tamantini; Enzo Cannavale
Durata: 110’
Valutazione * * / * * * *
Trama
I quattro ormai vecchi e non in perfette condizioni fisiche si avvicinano al giorno del giudizio, ma non perdono il loro lato tragi-comico che ha pervaso le loro vite.
Recensione
Terzo capitolo di una trilogia ideata da Pietro Germi e girata da Mario Monicelli, questo è diretto dal bravissimo Nanny Loy.
Giunti alla conclusioni e rinchiusi in un pensionato i quattro continuano a non darsi per vinti, e il prode Necchi, l’ultimo ad abbandonare la vita sociale per volontà di rimanere con i suoi amici, a narrarne le vicende.
Caso a parte poi rimane il Sassaroli che continua a vivere di belle donne, addirittura tre, e il lavoro, da cui si scomoda in tutti e tre i capitoli anche da impegni urgenti, non lo abbandonerà mai. Ammetterà lui stesso davanti agli altri di non essere già carne da ospizio e di volersi godere la vita e fare l’amore il più possibile.
Tra incomprensioni e trovate un po’ troppo risapute, Loy costruisce un film di ottima fattura e forse dei tre il più pervaso dal senso di morte che attanaglia anche gli altri. La morte un giorno si affaccia alla terrazza con un materasso sbattuto e forse dentro uno ospizio, come dice il Melandri, arriva più velocemente e senza alcun preavviso.
Non in discussione la recitazione degli attori, sempre fantastici e scintillanti forse un po’ in ballo viene tirata la ripetitività delle trovate. Sembra di essere sempre all’interno dello stesso film, sempre pronti a rivedere un finale già visto. Come quando promettono la vita eterna tramite messa nera al vecchietto interpretato da Bernard Blier, lo stesso che nel primo veniva assoldato nella finta associazione mafiosa, e sarà proprio la morte di quest’ultimo a generare il più forte contatto con la morte. Quando gli altri si sentiranno in colpa per averlo gettato nelle brame dell’inferno il Sassaroli, come sempre il più cinico, dirà che loro gli hanno fatto solo un piacere facendogli credere di essere immortale e facendogli vivere i suoi ultimi giorni da vero signore. Il tutto contrito di elementi che ci fanno capire all’istante quanto le zingarate siano un espressione di dolore per una vita che non è più giovane e si appresta alla morte, una vita costernata da ricordi ma senza futuro, come diceva il Perozzi nel primo atto.
Conclusione tragicomica di una trilogia di successo che fa ridere e piangere, che ci stupisce e ci attrae senza non farci riflettere su questa nostra ahimè non eterna vita.