Cine-Saggio: quando il trash era cinema

TRASH AL CINEMA –
Spesso in passato il termine Trash è stato accostato a un cinema che poco badava alle regole, un cinema di basso profilo, un cinema di Serie-B insomma. Ma soprattutto nel genere horror mai tipo di cinema ha avuto un più alto successo. Infatti un tempo il Trash era un vero e proprio filone, il così detto B-movie che rese famosi molti registi che ovviamente hanno seguito la strada del commercio per cadere in quello che ormai è il cruccio dell’arte dei giorni d’oggi.
Primo nome che viene alla mente è senza dubbio quello di Peter Jackson. Oggi sicuramente a questo regista di origini Neo-Zelandesi si associano i capolavori della maturità, diremo noi del commercio: la trilogia de “Il signore degli anelli” e il remake di “King Kong”. Passi pure il secondo opera voluta fin dalla gioventù dal regista, si vocifera infatti che da ragazzo ne girò una versione dilettandosi con dei modellini.

Ma sicuramente veder girare una trilogia fantasy al maestro del gore fa sicuramente strano. A chi lo conosce meglio sicuramente infatti sentire il nome Peter Jackson non ricorderà gli ultimi successi ma i primi capolavori, due su tutti: “Bad taste” e “Splatters”. “Bad Taste” 1987 è il suo esordio alla regia, un capolavoro per gli amanti del genere. Degli extra-terrestri invadono la terra con lo scopo di usare gli esseri umani per farne cibo in scatola. Il Governo istituisce i “The Boys”, un gruppo di investigazione per la repressione di invasioni extraterrestri per evitare eccessivi problemi tra la popolazione.

“Splatters” 1992 il giovane Lionel vive insieme alla madre (ricorda molto “Pshyco” il loro morboso rapporto) che lo acceca con un morboso affetto. A sconvolgere la situazione arriva Paquita, una ragazza invaghita di Lionel, e una scimmia che mordendo le persone le trasforma in zombie.

Il filo rosso che lega questi due film è sicuramente la voglia di paradossale del regista che più di fare un horror fa una provocazione. Si, una provocazione contro il sistema, una provocazione forse proprio verso una tendenza cinematografica, un modo di fare cinema. Particolare la sua visione ma sicuramente di successo e ad effetto, quello che sorprende è il modo in cui il regista riesce a farci sorridere da un lato ma comunque a farci rimanere tesi fino alla fine del film.

Dopo aver ammirato due opere del genere e i successivi tre lavori di certo non denigrabili dal 2001 ogni più accanito fan ha subito uno shock. Quando anche io mi sedetti su quella poltrona di uno squallido cinema di periferia sicuramente non sapevo a cosa andavo incontro. L’ultimo capolavoro di Peter Jackson era anche per me un evento ma di sicuro uscii da quel cinema con un sentimento diverso da quello che mi aspettavo. Hobbit, elfi, grandi battaglie…L’APOTEOSI DEL COMMERCIO!!!!! Non c’era più quella velatura di comicità, quell’effetto, quella voglia di realizzare un cinema che prima soddisfa chi lo fa e poi chi lo deve vedere era sparita. Era morto Peter Jackson.
Insieme a lui era sparito anche il mio desiderio di andare al cinema per provare nuove sensazioni e la voglia sempre più netta di andare a “vivisezionare” le più sperdute videoteche. Forse proprio per questo desiderio un giorno mi sono fermato su quello che considero tutt’ora un capolavoro, il capolavoro del trash.

“Killer Klowns From Outer Space” regia di Stephen Chiodo anno 1988.

Una cittadina del nord America viene invasa da un gruppetto di alieni provenienti da un remoto pianeta. La particolarità è che questi alieni sono travestiti da Clown…ma non dei Clown normali e inquietanti come poteva essere It di Stephen King, bensì buffi. Hanno dei fucili da cui sparano pop-corn e rinchiudono le loro vittime in dei bozzoli fatti di zucchero a velo. Il principio che regge questo film a volte più vicino a una commedia che a un horror si potrebbe ricavare dalla frase che un giorno pronunciò

Lon Chaney “non c’è più nulla di più pauroso di un clown dopo mezzanotte”.

Thriller fantastico mescolato con sapienza a una bizzarra miscela di fantasy, brivido e umorismo macabro.

Sicuramente allo stesso filone è ascrivibile un film datato 1994 per la regia dell’eclettico John Waters “La signora ammazzatutti”. Waters, omosessuale dichiarato, se la prende un po’ con tutti “sparando” a zero contro: il cinema dei serial killer e la moda che si è creata dietro ad esso; la classe media degli USA; il ruolo nella famiglia della madre; la televisione; la pornografia. A Baltimora una donna comincia a uccidere chiunque dia fastidio al suo nucleo familiare. Film a low-cost ma di una certa caratura, è forse l’ultima pietra miliare del trash e del B-Movie.

Del 96 è invece il capolavoro del maestro del brivido Wes Craven: “Scream”. Capostipite di un genere il film è forse uno dei più sottovalutati della storia del cinema. Denigrato, offeso, non considerato tra i capolavori forse semplicemente non capito. La critica lo etichetta subito come uno scialbo filmetto horror su un serial killer che cerca di vendicarsi contro la figlia di una donna e il mondo che la circonda perché la donna in questione aveva rovinato la sua famiglia. Dietro questa normale apparenza da film horror, con una trama anche interessante, si nasconde quello che vuole essere una critica diffusa al genere. Citazioni, il film ne è pieno e tramite la figura di Randy vuole proprio fare un discorso diretto con lo spettatore.

Sembra che Craven voglia proprio vestirsi i panni di Randy per parlarci e in un qualche modo per farci capire la sua visione di horror che paradossalmente è totalmente opposta a quella che viene narrata nella diegesi del film. Randy è sempre al centro di questa analisi metacinematografica: è lì a commentare quando in tv passa Halloween di John Carpenter; è lì ad anticipare quello che solo dopo sarebbe successo; è lì pronto a dire che c’è un filo rosso che guida tutti i film horror; è lì pronto ed eccitato all’idea che la realtà che vivono i personaggi sia quella di un film horror.

Nonostante molti oltre alla critica abbiano travisato tutto il film ebbe un tale successo che portò alla solita conseguenza quella di cadere nel sequel e ancor peggio nella TRILOGIA. Quale male peggiore se non quello della trilogia per uccidere un bel film? Il buon Wes costretto più da obblighi che da volere è costretto a girare due film estremamente al di sotto delle aspettative e soprattutto al di sotto delle sue capacità. E’ ancora questo che stupisce come un’opera vicina alla perfezione sia ridicolizzata da questioni monetarie. Come un film che poteva passare alla storia sia ricordato come il capostipite di una trilogia in tutti i sensi deludente. Esagerato, fuori dagli schemi e insistito appare il secondo; patetico, gratuito, insensibile il terzo.

Ciò che risulta incredibile e forse addirittura inaccettabile è quello che succede all’alba del ventunesimo secolo con l’uscita di un film che ha cambiato stavolta in peggio la storia del cinema moderno: “Scary Movie”.

Diretto per modo di dire da Keenen Ivory Wayans questo film apre la scena a una serie di film che iniziano a prende in giro prima il mondo del cinema horror poi addirittura il cinema in generale (vedi Epic Movie) con un tatto pari a zero cercando di imitare ma senza avvicinarsi nemmeno maestri del trash horror come quelli su citati e maestri del genere trash come Mel Brooks e Leslie Nielsen.

Un’ offesa per qualsiasi persona sia in un qualche modo vicino a quello che è il cinema che a noi piace tanto soprattutto perché riteniamo che di questi interventi non ce n’era bisogno. In modo molto più intelligente altre menti c’erano arrivate senza dubbio prima senza cadere nel patetico e nell’offesa gratuita.

In fondo si questo tipo di cinema però un suo successo ce l’ha perché ormai si defila verso un cinema che è interessato solo a far soldi. Ondate di ragazzini quindi iniziano ad invadere le sale per farsi quattro risate invece di riflettere, dando un aggiornamento al vocabolario poco colto della loro epoca. Insulti, indecenze, una certa frenesia e libertà sessuale il leit motiv di queste serie che umanamente fanno gridare allo scandalo. La cosa che ci chiediamo è come non rimanere indignati davanti a genitori che ormai al giorno d’oggi non hanno alcun’interesse per i loro figli e non gli proibiscano di andare al cinema a vedere certe porcherie quando alla fine un sano horror in casa è sempre accettato con la smorfietta sotto la bocca.

Matteo Fantozzi

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