Le vite dei registi: Werner Herzog, l’errante del cinema

LE VITE DEI REGISTI WERNER HERZOG –

Werner Herzog non ha mai negato di essere un grande appassionato di escursioni nella natura. Pare infatti, che in età giovanissima, allontanatosi da Monaco, per via delle scorie postbelliche, si sia diretto con la famiglia a Sachrang un paesino al confine tra Austria e l’allora Germania dell’Ovest. Sembra, da sue stesse dichiarazioni, che il suo approccio al mondo sia stato diverso dagli altri bambini perché distaccato dalle cose più normali. Dichiarò di aver vissuto in un posto talmente isolato da vedere la prima banana della sua vita all’età di dodici anni e di aver fatto la prima telefonata più tardi quando di anni ne aveva diciassette, senza negare  che per lui ancora oggi il telefono sia una cosa problematica sotto molti punti di vista. A suo malincuore l’autore rimpiange questa sua infanzia perché racconta che quell’epoca, appena dopo la guerra, era stata sicuramente devastante per chi all’età in cui si è genitori aveva perso tutto ma che poteva essere esaltante per chi nelle macerie poteva inventare un mondo dove giocare, come i bambini[1].

Costretto quindi a vivere in una sperduta campagna il giovane Werner adorava andarsene in giro fiducioso dei propri piedi. Fu proprio nel bel mezzo della sua adolescenza che si avventurò nella sua prima fuga da casa. Voleva in qualche modo entrare in contatto con l’Albania, un paese che per il suo volto magico e nascosto lo intrigava assai. Si avvicinò sempre notevolmente però senza mai entrarvi tuttavia a contatto. C’è un bellissimo romanzo scritto dallo stesso Herzog, e dal titolo Sentieri nel ghiaccio[2], che racconta la sua avventura più grande.  Venuto a sapere dell’improvviso aggravarsi delle condizioni della sua amica Lotte Eisner, famosa critica cinematografica tedesca, il nostro decide di imbarcarsi in un’altra delle sue avventure. Percorrerà a piedi la distanza che porta da Monaco di Baviera a Parigi[3] compiendo un viaggio dentro di se che avrebbe avuto un significato metaforico nell’affrontare la malattia dell’amica, effettivamente guarita in maniera impensabile dopo il suo arrivo. Il libro è appunto il diario di questa esperienza.

Ma d’altronde la figura di questo uomo è di quelle mitiche che si circondano di ridondanti leggende, spesso alimentate dalla sua stessa voglia di raccontarle. In età giovanissima, prima di finire il liceo, lo stesso Werner soggiornò per un paio di mesi a Manchester ufficialmente per una ragazza di cui si era invaghito. Sopportando anche condizioni che avrebbero distolto qualsiasi altro essere umano, viveva in un seminterrato con quattro bengalesi e tre nigeriani alla costante minaccia dell’attacco di roditori. A soli diciannove anni, dopo aver conseguito la licenza superiore, decide di partire a bordo di un camion per la Grecia, dove soggiorna e lavora a Creta. Cerca di guadagnarsi i soldi per viaggiare ancora, direzione Congo Belga con qualche minuto di soggiorno prima ad Alessandria d’Egitto. E come testimonia sempre lui stesso[4] la sua fortuna fu di ammalarsi gravemente sulla strada per Juba. In stato febbrile e semicosciente per diversi giorni, gravemente infettato da diversi morsi di topo, verrà portato in salvo da un russo sulla via di casa.

Tutto questo per introdurre la figura di un uomo che nella regia non ha voluto mettere solo un’idea di vita ma la vita stessa. Sostituendo a volte il palcoscenico con la realtà ha spesso corso dei rischi che anche se ai suoi occhi risultavano calcolati non sono sicuro lo fossero davvero. Sentire raccontare le avventure di un giovane diciannovenne pronto a partire contro tutto e tutti dalla Germania verso l’Africa ha qualcosa di incredibile. Il suo cinema risentirà enormemente di questo fattore dimostrandolo anche ampiamente nella produzione non solo fictionale ma anche documentaristica che anzi rileverà la maggior parte della sua opera. Ed è proprio da questa voglia di andare al fondo delle cose che si deve partire per analizzare una figura tanto complessa. Permettendomi la licenza di lasciar parlare il diretto interessato: “Andate fuori, nel mondo vero, andate a lavorare come buttafuori in un sex-club, come guardiani in un ospedale psichiatrico o in un mattatoio. Camminate a piedi, apprendete le lingue, imparate un mestiere o un’occupazione che non ha nulla che fare con il cinema. Il cinema deve avere alla base un’esperienza di vita. Moltissimo di ciò che compare nei miei film non è mera invenzione; è la vita stessa, la mia vita”[5]. Da questa stessa dichiarazione del regista parte una seria riflessione su quello che è un campo di battaglia più che assodato: lo scontro tra critici e teorici. Chi come Herzog pensa vivamente che il cinema sia la vita e non si faccia guardando gli altri film, lui stesso dirà[6] di mantenere una media di dodici film all’anno raggiunta grazie ai festival; e chi come Quentin Tarantino fa della scopofilia il suo mestiere[7].  Sicuramente quello che dice Herzog non è retorico, ma si può ben notare nei suoi film. In tutti, compresi quelli di finzione, c’è un’ aura di veridicità che in altri registi è difficile da ravvisare. Ogni pellicola racchiude un sentimento, ognuna racconta un dolore.

1.1.2 La carriera di Werner

Di solito non premio chi si dilunga in noiosi cataloghi didascalici, ma per dover di cronaca mi sento quasi obbligato a pronunciarmi sull’autore in toto. Tralascio elenchi, come detto, e cerco di spiegare, tramite una freccia del tempo, la carriera dell’uomo e dell’autore che andremo ad analizzare. Dire che Werner Herzog è nato a Monaco di Baviera il 5 settembre del 1942 è solo un dato che ci può servire come punto di partenza. Perché poi lo stesso regista parlerà molto di se, e come osserva giustamente Gideon Bachmann[8], i suoi racconti suoneranno come sceneggiature. Come detto la sua adolescenza si divide tra le Alpi Bavaresi e Monaco ma dai 14 anni in poi inizieranno le sue fughe da casa. La voglia di fare cinema è una cosa che matura abbastanza presto, tanto che i problemi iniziano ad affiorare quando si propone ai produttori. La sua serena faccia da adolescente non viene mai presa sul serio tanto che spesso si troverà di fronte a situazioni di incredulità. Sarà costretto a ingegnarsi e ad aprire una sua casa di produzione: la Werner Herzog Filmproduktion. Nei suoi due ultimi anni di liceo, per appoggiare questo progetto, lavora spesso di notte in un acciaieria, esperienza che risulterà poi fondamentale. Nel ’62, ancora prima di fondare la casa di produzione (’63), realizza il suo primo cortometraggio: Herakles[9]. Con i successivi Spiel im Sand[10] (1964) e Die Beispiellose Verteidigung de Festung Deustchkreuz[11] (1966) il regista tedesco finisce il suo apprendistato che gli serve in via della sua logica che ha sempre rifiutato un approccio tecnicistico e didattico come avviene in molte scuole di cinema. Questi film non vengono considerati da lui stesso opere proprie, tanto che le copie rimaste sono state per lo più distrutte. Solo di Ercole sembra sia conservata una copia, in pessimo stato tra l’altro, al Filmkundliches Archiv di Colonia.

Dopo il secondo dei tre film il nostro vive un periodo di difficoltà. Lascia nel ’64 gli studi di storia e letteratura e parte per gli Stati Uniti dove lo aspetta una borsa di studio dal Dipartimento di cinema e televisione all’università di Pittsburgh. Il contatto con l’ambiente accademico però risulta da subito improponibile e dopo poche settimane abbandona. Inizia a collaborare a una serie di documentari per la Nasa ma arrivano i problemi giudiziari da immigrato. Si trova quindi a doversi rifugiare in Messico e guadagnarsi da vivere col contrabbando di armi, non accertato. Intanto la Germania Federale sembra muoversi bene per quanto riguarda lo spettacolo, e quando Werner sente aria di rivalsa decide di tornare, siamo nel ’66. Prima di dedicarsi, finalmente, al suo primo lungo c’è tempo per un altro cortometraggio: La difesa esemplare della fortezza di Deuschkreutz[12]. In teoria dovrebbe essere un corto preparatorio, come una sorta di prologo, al successivo Lebenszeichen[13] ma il paragone gioca nettamente a sfavore del primo. In questo corto si trovano comunque degli indizi che diventeranno poi dei topoi per il cinema di questo autore. Come il contrasto tra ambiente e azione e il luogo messo al centro dell’azione come vero e proprio protagonista. Nell’estate del 1967 Herzog inizia dunque a girare il suo lungometraggio: Segni di vita. Lo gira in Grecia a Cos nel Dodecanneso, luogo dove era stato a 15 anni in una delle tante fughe da casa e dove suo nonno archeologo aveva operato agli inizi del secolo. Il film è una leggera variante della fabula portata avanti per tanti anni, l’esigenza nuova è quella di un ulteriore condensazione anti-romanzesca. E’ qui che per la prima volta usa uno strumento che gli diventerà molto caro: la voce fuori campo. Sempre la sua, è come un modo per entrare in contatto con l’universo del film e rendersi partecipe. Altro elemento che si collega con i precedenti film è il prevalere del territorio sui personaggi e sull’azione, anche in questa pellicola viene dato largo respiro al dato naturale.

Con le stesse parole del regista questa è l’opera che chiude una giovinezza. Segna il confronto con il mondo del cinema e il confronto con il tanto temuto lungometraggio. Nella stessa estate in pochi giorni, tra Creta e Spinalonga, realizza un film, Lerzte Worte (Ultime Parole)[14], di poco più di 12 minuti. Il cortometraggio è un compimento di Segni di vita, una specie di testamento postumo. Entriamo nel periodo di rinascita del cinema tedesco. Nel 1968 in Germania ci sono evidenti segnali di risveglio, e in molti esordiscono quest’anno, tra gli altri: Wim Wenders e Reinard Fassbinder. Werner riesce a conquistarsi una certa fama: Letzte Worte vince a Oberhausen il primo premio nella categoria corti di finzione; Lebenszeichen l’Orso d’Argento a Berlino quale migliore opera prima. E così che il nostro decide di lasciare la Germania dove realizzerà Misure contro i fanatici prima di partire, una sorta di private joke nato dall’euforia di una bevuta e girato in un pomeriggio. Parte per l’Africa, accompagnato dal solo operatore di fiducia Jorg Schmidt-Reitwein, dove realizzerà una sorta di Trilogia: Die fliegenden Arzte von Ostafrika[15] (I medici volanti dell’Africa orientale); Fata Morgana[16] e Auch Zwerge haben klein angefangen[17] (Anche i nani hanno cominciato da piccoli).  Il primo risulterà un’opera su commissione, realizzato per far conoscere l’attività di un gruppo volontario internazionale. Fata Morgana è l’opera più controcorrente di Herzog, che forse lo definisce al meglio. Rappresenta la usa essenza in tutto e per tutto, e le leggende di variazione subite dai continui spostamenti dei due[18] sembrano avvantaggiare nuove idee. All’inizio girano in Kenia e in Tanzania, poi in Uganda dove vengono arrestati per breve tempo perché interessati alla figura di John Okello[19], dittatore caduto in disgrazia. Poi, rilasciati, si avventurano nel Sahara: dall’Algeria al Niger dove se la devono vedere con le tempeste di sabbia e con i miraggi. In altri paesi dell’Africa Centrale: Costa D’Avorio, Mali e Camerun; sospettati di essere mercenari vengono gettati di nuovo in prigione, in una cella comune dove assistono a violenze di ogni tipo. Le ultime riprese sono poi compiute alle Canarie. Continuerà a lavorare a Lanzarote, nelle Canarie, per le riprese di Anche i nani hanno cominciato da piccoli. Gireranno il film in due mesi alla fine del ’69. La pellicola è una delle più provocatorie e distruttive in tutto e per tutto. Segnerà la fine del periodo più estremo che riporterà poi i piedi a terra.

Dopo film così sofferti arriva il momento di un’opera “garbata, onesta e ingenua”[20]: Bahinderte Zukunft[21] (Futuro impedito). Girato nel ’70 è un saggio sulla situazione degli handicappati fisici in Germania, si dedicherà anche subito dopo alla questione dei disagiati fisici. Land de schweigens und her Dunkelheitè[22] (Paese del silenzio e dell’oscurità) è la storia di Fini Straubinger[23], una donna sordo-cieca che tenta di fare della sua esperienza personale un campo di aiuto per gli altri ammalati. Il film ne risulta un’opera di immagini, è un episodio decisivo in cui si svela la sua disponibilità totale. Nel ’72 nasce il sodalizio con Klaus Kinski, con il primo lungometraggio che gireranno insieme: Aguirre furore di Dio[24]. Segna il suo primo grande esborso tecnico e produttivo, che lo porterà a diventare un regista affermato. E’ da qui che si afferma la figura dell’antieroe herzoghiano, il successivo L’enigma di Kaspar Hauser[25] ne sarà una conferma. Rimane a tutt’oggi l’opera più fortunata del regista, premio speciale della Giuria al Festival di Cannes 1975, un riconoscimento definitivo per Herzog. Per la prima volta in più viene usato un fatto di cronaca realmente accaduto. Kaspar è un giovane che vede la luce per la prima volta a 16 anni, nella Norimberga del 1828. Era stato fino ad allora rinchiuso in una buia cantina e aveva vissuto per lo più in condizioni animali e verrà ucciso cinque anni dopo per evitare di fargli scoprire la sua vera identità nobile. Un elemento decisivo è la scelta dell’attore: Bruno S. Scoperto anni prima in un documentario girato da Lutz Eisholz, Herzog si prende un bel rischio ma vince anche questa scommessa. Bruno da a Kaspar un corpo vero e proprio. E’ l’antieroe per eccellenza, ma ci torneremo.

Il periodo successivo, 1975-78, segna la  grande operatività, il nostro realizza infatti sette film, tra lunghi e cortometraggi, con basi finanziarie più sicure. La cerniera che lega questi momenti è l’esperimento, già citato, di ciò che è descritto in Sentieri nel ghiaccio alla ricerca di Lotte Eisner. How much wood would a woodchuck chuck[26] rappresenta un nuovo inizio. E’ soprattutto un’opera pensata e vissuta in prima persona, dopo seguirà La Soufrière. Herz aus glas[27] è il film più controverso e osteggiato dallo stesso direttore, soprattutto perché gran parte degli interpreti reciteranno sotto ipnosi. La figura riservata alla natura, in La Soufrière, viene attenuata e sostituita da un nuovo interesse per l’uomo che diventerà accertato in: La ballata di Stroszek[28]. Bruno è di nuovo il protagonista e insieme a lui un equipe di non professionisti, esclusa la protagonista femminile Eva Mattes. Tanto è l’avventurarsi con un personaggio forte che Herzog torna a lavorare con l’amato-odiato Kinski. Nosferatu, principe della notte[29] e Woyzeck[30], entrambi nel 1978, segnano il punto di contatto con questa idea. Nosferatu, remake del celebre film del 1922 di Frederich Willem Murnau, è il riadattamento della storia narrata da Bram Stoker, la vigoria di Kinski ne da una nuova chiave di lettura che regge il paragone col capolavoro del cinema muto. Woyzeck è una rielaborazione di un dramma di Georg Buchner e anche qui la vena di Kinski sembra decisiva, Herzog ha imparato anche a lavorare con una grande star e a padroneggiare il suo caratteraccio.

Segue l’impegno più provante al livello economico, 5,6 milioni di dollari il budget, Fitzcarraldo[31]. Di qui la leggenda di incredibili avventure, sembra che la nave issata dal protagonista oltre la montagna sia stata issata realmente sopra la montagna per decisione del regista stesso. Vincerà Cannes nel 1982. L’anno dopo è targato Australia: prima partecipa al film dell’amico Paul Cox Man of Flowers e poi ripassa dietro la macchina da presa per girare Dove sognano le formiche verdi[32], prima rinviato per la morte di un aborigeno. La filosofia emerge direttamente e ci si trova di fronte a una dura realtà: dove l’uomo bianco si impone con forza la magia delle altre culture viene rasa al suolo.

Nel 1985, grazie a un invito del Teatro Comunale di Bologna a opera di Ferruccio Busoni, nasce l’esperienza del teatro lirico e dell’opera. Nella primavera del 1987 gira, sempre con Kinski, Cobra Verde. Due milioni e mezzo di dollari, dieci settimane di riprese nel Ghana, in Colombia e in Brasile. Sarà l’ultimo film girato con l’attore soprattutto per gli esuberanti comportamenti di quest’ultimo. Arriverà a cacciare il direttore della fotografia Thomas Mauch, tanto caro a Herzog, rimpiazzandolo con Viktor Ruzicka. Werner dichiarerà di non voler aver più niente a che fare con Kinski nonostante ne riconosca le enormi doti. Nel settembre dello stesso anno Herzog ritorna nelle terre amate del’Africa per girare Wodaabe- Les bergers du soleil[33] (Wodaabe- i pastori del sole). Nel 1991 sarà condirettore della Viennale e realizzerà Jag Mandir. Das exzentrische Privattheater des Maharadscha von Udajpur[34] (Jag Mandir. L’eccentrico teatro privato del marajiah di Udajpur). Sempre nello stesso anno dirige un’altra prova fisica come Schrei aus Stein[35] (Grido di pietra, 1991) stavolta su un ghiacciaio che conduce alla salvezza, con Reinhold Messner tra i protagonisti di questa esperienza. Il ’91 si conclude con l’esperienza in Kuwait dove ci sono i pozzi che bruciano nel deserto dopo la guerra del Golfo. La premier di Amburgo, l’unica pay tv tedesca, ha promosso questa azione e per finalizzare l’evento all’inizio del ’92 Herzog si servirà anche di materiale di archivio della CNN. Da questo uscirà Apocalisse nel deserto[36]. Negli anni successivi il regista torna a occuparsi di documentari tra cui Glocken aus der Tiefe[37] (Rintocchi dal profondo, 1993) e Little Dieter needs to fly [38](1997). Ormai la strada sembra definita verso quello che è il documentario, tanto che due anni dopo realizzerà Kinski, il mio miglior nemico[39]. Un’opera che meglio di qualsiasi altro documento va a fondo di quella che è la sfaccettata figura di un attore controverso. Bellissimo il contributo che per la morte realizza il regista, un’opera da amico.

Nel 2001 Invincibile[40] è una delle opere più complete del regista, sembra aver maturato un tocco da grande artista. La storia di un giovane ebreo fortissimo che finirà per esibirsi in favore dei nazisti, senza saperlo. Kalachackra la ruota del tempo[41] (2003) è un documentario sul buddhismo e su tutti i rituali che nella versione italiana vedrà la partecipazione di Marco Columbro. Herzog si interesserà quindi anche di un altro aspetto fino ad allora passato in secondo piano, la religione in questo documento diventa veramente fondamentale. E’ da questo che si svilupperà una visione di documentario alla seconda, Herzog dirigerà tre documentari che riprendono immagini spurie di altra derivazione.
Il diamante bianco[42] (2004) è uno studio dell’impresa che vede protagonista un dirigibile e Graham Dorrington. Grizzly man[43] (2005) racconta la storia di Timothy Tredwell che tentò di vivere in mezzo agli orsi grizzly e non ne uscì vivo. L’ignoto spazio profondo[44] (2005) è un finto documentario che racconta il viaggio di alcuni uomini verso un pianeta sconosciuto e il ritorno su una terra ormai disabitata. Perché documentario alla seconda? Perché spesso le immagini che vediamo o non sono state realizzate dal regista che le ha solo romanzate (vd. Grizzly man) o addirittura sono immagini di repertorio usate in una funzione diversa (vd. L’ignoto spazio profondo). L’alba della libertà[45] (2006) è il romanzo che riprende i fatti raccontati lucidamente dal documentario Little Dieter needs to fly, in un film di cui non sentivamo il bisogno. Di recente oltre a Encounters at the end of the world[46] (2007) e My son, my son, what have ye done[47] (2009) il regista si prostra in un remake Il cattivo tenente di un capolavoro di Abel Ferrara[48]. Questo dimostra ancora di più una volta la versatilità di un autore che mai come altri si è dilettato in tutti i generi e con tutti gli strumenti.


[1] A cura di Paul Cronin e Francesco Cattaneo, Incontri alla fine del mondo, Roma, Minimum Fax, 2009

[2] Werner Herzog, Sentieri nel ghiaccio, Guanda, 1994 I edizione

[3] 842 Km.

[4] A cura di P. Cronin e F. Cattaneo, Incontri alla fine del mondo, cit. (pag. 16)

[5] A cura di P. Cronin e F. Cattaneo, Incontri alla fine del mondo, cit.  (retrocopertina)

[6] Ivi, cap.1.

[7] A cura di Vito Zagarrio, Quentin Tarantino, Venezia, Marsilio editore, 2009

[8] A cura di P. Cronin e F. Cattaneo, Incontri alla fine del mondo, cit.

[9] Werner Herzog, Herakles, Germania, 1962

[10] Werner Herzog, Spiel im Sand, Germania Ovest, 1964

[11] Werner Herzog, Die Beispiellose Verteidigung de Festung Deustchkreuz, Germania Ovest, 1966

[12] Werner Herzog, La difesa esemplare della fortezza di Deuschkreutz, Germania Ovest, 1966

[13] Werner Herzog, Lebenszeichen, Germania Ovest, 1960

[14] Werner Herzog, Lerzte Worte, Germania Ovest, 1967

[15] Werner Herzog, I medici volanti dell’Africa Orientale, 1969

[16] Werner Herzog, Fata Morgana, Germania Ovest, 1970

[17] Werner Herzog, Anche i nani hanno cominciato da piccoli, Germania Ovest, 1970

[18] Lui e l’operatore.

[19] A cura di P. Cronin e F. Cattaneo, Incontri alla fine del mondo, cit. (pag. 71)

[20] Fabrizio Grosoli e Elfi Reiter, Werner Herzog, Editrice il Castoro, Milano, 2000 (int. Pag. 47)

[21] Werner Herzog, Futuro Impedito, 1971

[22] Werner Herzog, Paese del silenzio e dell’oscurità, Germania Ovest, 1971

[23] Realmente esistita

[24] Werner Herzog, Aguirre: furore di Dio, Germania, Perù, Messico, 1972

[25] Werner Herzog, L’enigma di Kaspar Hauser, Germania, 1974

[26] Werner Herzog, How much wood would a woodchuck chuck, Germania Ovest, 1976

[27] Werner Herzog, Cuore di vetro, Germania Ovest, 1976

[28] Werner Herzog, La ballata di Stroszek, Germania, 1977

[29] Werner Herzog, Nosferatu, Principe della notte, Germania/Francia, 1979

[30] Werner Herzog, Woyzeck, Germania, 1979

[31] Werner Herzog, Fitzcarraldo, Germania, 1982

[32] Werner Herzog, Dove sognano le formiche verdi, Germania Ovest/ Australia, 1984

[33] Werner Herzog, Wodaabe- i pastori del sole, Germania/ Francia, 1989

[34] Werner Herzog, Jag Mandir. L’eccentrico teatro privato del marajiah di Udajpur, 1991

[35] Werner Herzog, Grido di pietra, Canada/Germania/Francia/Belgio, 1991

[36] Werner Herzog, Apocalisse nel deserto, Francia/Gb/Germania, 1992

[37] Werner Herzog, Rintocchi dal profondo, Germania/Usa, 1993

[38] Werner Herzog, Little Dieter needs to fly, Francia/Regno Unito/Germania, 1997

[39] Werner Herzog, Kinski il mio miglior nemico, Germania/Gran Bretagna/Finlandia/Usa, 1999

[40] Werner Herzog, Invincibile, Regno Unito/ Irlanda/Usa, 2001

[41] Werner Herzog, Kalachackra la ruota del tempo, Germania, 2003

[42] Werner Herzog, Il diamante Bianco, Germania, 2004

[43] Werner Herzog, Grizzly man, Usa, 2005

[44] Werner Herzog, L’ignoto spazio profondo, Regno Unito/Usa/Francia/Germania, 2005

[45] Werner Herzog, L’alba della libertà, Usa, 2006

[46] Werner Herzog, Encounters at the end of the world, Usa, 2007

[47] Werner Herzog, Bad Lieutenant: Port of Call New Orleans, Usa, 2009

[48] Werner Herzog, My Son, My Son, What Have Ye Done, Stati Uniti/Germania, 2009

 

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