Il ladro dell’arcobalento, l’ultimo film di Alejandro Jodorowski

IL LADRO DELL’ARCOBALENO –
Titolo originale:
The rainbow thief
Nazione:
Gran Bretagna
Regia: Alejandro Jodorowsky
Sceneggiatura: Alejandro Jodorowsky; Berta Dominguez
Musica: Jean Musy
Cast: Christoper Lee; Omar Sharif; Peter O’Toole; Francesco Romano; Jude Alderson; Brigitte Barclay; Brian Conway; Peter Dennis; Joanna Dickens; Carolyn Cortez
Durata:
81’

 

Valutazione   ½ / * * * *

 

Trama
Dima, un ladruncolo da strapazzo, abita nelle fogne con il rispettoso Meleagre, che attende l’eredità cospicua dallo zio miliardario ricoverato in coma all’ospedale. Alla morte di quest’ultimo scopriranno che tutto è stato lasciato a un bordello, Meleagre partirà e Dima si ritroverà nei guai.

 

Recensione
Ultimo film del regista cileno Alejandro Jodorowsky e sicuramente il meno riuscito e il meno personale. Quello che sostanzialmente manca è il tocco del maestro che ci aveva incantati con El topo e travolti con La montagna sacra. L’impressione primordiale che scaturisce è quella di un’ottima opera ma non di Jodorowsky. Il coinvolgimento è quasi nullo e sembra di essere più dentro un musical carnevalesco che nel cinema di introspezione. Non ci arriva nessun immagine ma una diegesi a tratti anche spoglia e svestita dei panni dell’autore caratteristico e riconosciuto come uno dei padri postumi del Surrealismo.
Le ottime prestazioni attoriali di tre grandi rappresentanti quali: Christopher Lee; Omar Sharif e Peter O’Toole; non bastano a dare alla pellicola quel tono magico che troviamo nelle altre del regista.
Il tono di critica e mistificazione sacra è quasi assente, tranne che per il banale “diluvio universale” finale che risulta anche un pochino forzato e forzoso. Inibito lo sguardo in macchina, ci rimane poco anche a livello di movimenti, quasi sempre chiusi in sequenze troppo corte per dare un rilievo alle pur scavate rappresentazioni. Si discute molto sulle spese esose per le scenografie ma ci si rammarica di fronte al loro superfluo sfruttamento.
Arrivati alla fine ci rendiamo conto senza tanti problemi che tanti film rendono al peggio quello che c’è dentro un grande artista.

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