GENITORI E FIGLI VERONESI –
Cast and credits:
Nazione: Italia
Anno: 2010
Durata: 110’
Regia: Giovanni Veronesi
Sceneggiatura: Giovanni Veronesi; Andrea Agnello; Ugo Chiti
Musiche: Giuliano Sangiorgi
Fotografia: Tania Canevari
Cast: – Silvio Orlando (Gianni);
– Luciana Littizzetto (Luisa);
– Michele Placido (Alberto);
– Margherita Buy (Rossana);
– Elena Sofia Ricci (Clara);
– Vittorio Manuele Propizio (Patrizio);
– Max Tortora (Mario);
– Piera Degli Esposti (Lea);
Produttore: Luigi & Aurelio De Laurentis
Casa di Produzione: Filmauro
Può la fiera delle banalità lasciare ancora qualcosa all’uscita dalla sala cinematografica? La risposta è si, se questa è lo specchio fedele di com’è la realtà oggi: una banale stupida storia senza senso fatta di luoghi comuni e delle solite ciance. Allora non lamentiamoci se di fronte ci troviamo una carrellata di battute scontate e parolacce poco legittime perché è questa la società in cui siamo immersi, ormai, da diverso tempo. Giovanni Veronesi, da bravo “antropologo” come ha dimostrato anche in passato, dipinge una società costretta allo sbando da quelle che sono le avversità di tutti i giorni: madri che non vedono i figli da quindici anni; genitori che si dividono cercando una felicità più grande senza accorgersi di quella che già possiedono; ragazze giovanissime che vogliono perdere la verginità soprattutto per tendenza piuttosto che per amore.
Il cast ben assortito non tradisce le attese: Michele Placido e Margherita Buy, nei panni di un professore di lettere e di sua moglie alle prese con i soliti disagi dovuti alla crescita di un figlio, contribuiscono a dare spessore e Silvio Orlando emerge dal contesto nei panni di un padre in crisi: con sè stesso, con la madre e con la moglie. In un intreccio, più che altro dominato dai luoghi comuni e dalla costante voglia del patetico e dell’anestetizzante, che non perde tuttavia i connotati della realtà in un finale a dir poco consolatorio.
Veronesi prende in mano le redini del qualunquismo e ci costruisce sopra un film, criticandolo, ma senza esporlo al giudizio del pubblico. Ne risulta una pellicola gradevole costellata dall’impressione di poter lasciare i problemi fuori dalla sala, ma con la netta sensazione di averli sotto gli occhi.
Matteo Fantozzi