I personaggi realmente esistiti di “Titanic” – parte 5

Nei giorni scorsi abbiamo cominciato a dare uno sguardo (parte 1; parte 2; parte 3 e parte 4) ai personaggi realmente esistiti tra quelli visti in Titanic, il kolossal diretto nel 1997 da James Cameron e che, oltre ad emozionare milioni di spettatori in tutto il mondo con la sua storia d’amore tra i Jack Dawson e Rose De Witt Bukater interpretati da Leonardo di Caprio e Kate Winslet, si è aggiudicato ben undici premi Oscar.

Altro personaggio presente nella pellicola è Joseph Ismay, amministratore delegato della White Star Line, compagnia navale britannica proprietaria dello sfortunato transatlantico.

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Interpretato da Jonathan Hyde, Ismay è il signore baffuto che abbandona la nave e che, per questo motivo, fu bollato dalla stampa britannica come “uno dei più grandi codardi della storia”.

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Di fatto, nel 1907, Ismay si incontrò con Lord Pirrie della Harland & Wolff Company, società di costruzioni navali di Belfast. Insieme progettarono la costruzione di un piroscafo più grande della Lusitania e della Mauretania, le meraviglie fino ad allora costruite dall’avversaria della White Star Line, la Cunard Line.

La nuova nave di Ismay non solo sarebbe stata più veloce, ma avrebbe avuto anche maggior capacità di governo del timone ed enorme lusso fino ad allora ineguagliabile nella storia dei più grandi piroscafi; la seconda condizione prevedeva l’ospitalità dei ricchi e della borghesia.

Tre navi furono progettate e costruite. La seconda, di queste, il Titanic, che cominciò il suo viaggio inaugurale da Southampton, Inghilterra, verso New York, il 10 aprile 1912. La prima e la terza, delle navi ideate da Ismay, furono, invece, l’Olympic e la Britannic, che nel loro insieme (Titanic compreso) presero nome di “Giganti”.

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Ismay accompagnò le sue navi durante i loro viaggi inaugurali; sfortunatamente, come ben sapete, il Titanic fu protagonista di un fatale incidente, quando impattò contro un iceberg, a sud delle Grandi Baie di Terranova ed affondò nella notte del 14 aprile 1912; in quell’occasione, Ismay riuscì a salvarsi su una scialuppa di salvataggio.

Fu poi tratto in salvo, con gli altri superstiti, dalla RMS Carpathia (della Cunard Line) ed arrivò a New York il 18 aprile. Ismay fu uno dei testimoni durante le indagini del disastro del Titanic; rilasciò diverse interviste sia al Senato americano che al Ministero del commercio britannico.

Dopo esser stato raccolto dalla Carpathia, Ismay fu visitato dal dottore della nave e per tutto il viaggio non rilasciò testimonianze. Inoltre, non mangiò niente di solido, ricevette un solo visitatore e fu tenuto sotto sorveglianza per tutto il viaggio.

Dopo il disastro, Ismay fu attaccato con ferocia dalla stampa statunitense e britannica, per aver abbandonato la nave con ancora donne e bambini a bordo. Alcuni giornali lo chiamarono “J. Brute Ismay” (“J. Bestia Ismay”).

La stampa negativa diventò sempre più forte nei suoi confronti, così Ismay si dimise, come presidente, dalla International Mercantile Marine Company nel 1913.

Morì nel 1937 a causa di una trombosi cerebrale.

Tuttavia, esistono varie controversie riguardo alle azioni di Ismay a bordo del Titanic. Durante le investigazioni congressuali, dei passeggeri testimoniarono che, durante il viaggio, sentirono Ismay ed il Capitano Smith accordarsi per far andare più velocemente la nave. Un passeggero testimoniò di aver visto Ismay a cena mentre era stato avvistato l’iceberg. Altre testimonianze furono ritenute pure invenzioni.

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Durante l’affondamento, Ismay assistette l’equipaggio, cercando di caricare le scialuppe il più possibile, secondo le ripetute richieste diThomas Andrews. Quando non c’erano più donne tra i passeggeri nel vicino ponte, lui ed un altro passeggero di prima classe (William Carter) furono invitati a salire su uno dei battelli di salvataggio. Questo fatto costò ad Ismay una serie di continue umiliazioni per il resto della sua vita, in quanto c’erano ancora donne e bambini da salvare. Il suo servitore personale (Richard Fry) ed il segretario (William H. Harrison) rimasero su un’asse galleggiante e perirono quando la nave affondò.

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